Sketch: Goganga

Mammà ha qualche problema con telefono ultimamente: metà delle volte la ammutolisce e deve spegnere e riaccendere per riuscire a parlare. Talvolta fa casino anche Skype.
Nel mezzo di tutti questi problemi tecnici ieri alla fine ho telefonato sul cell del babbo per riuscire a parlare, ma ero esasperata da tutti i casini.

M perché porti la macchina dal meccanico?
F fischia..
M perché porti la macchina dal meccanico?
F fischia!
M perché porti la macchina dal meccanico?
F FISCHIA!!
M fiùùùùùùùùùùùùùùù
F ROTFLOL.
F Non tu, la macchina..
M ah.

(..non siamo normali ma almeno siamo simpatici..)

Pesche e pane casereccio

Come ho appena scritto ad un amico, sono giorni che qualunque cosa mi tira fuori ricordi di San Nicola. Quello da cui non mi voglio separare lo ispira un barattolino di marmellata di pesche, che mi ha regalato un’amica settimana scorsa.
Le pesche son brianzole, l’amica pure, non c’è ragione perché mi faccia pensare alla Calabria. E invece.. Guardo il barattolino, giallo di sole (sissì, brianzolo, ma sempre sole è) e mi chiedo se la marmellata sarà dolce o asprigna. Poi cerco il pane per provarla e mi arrendo: il pane è sbagliato, quello che voglio qui non c’è e manca pure il terrazzo.

Millemila anni fa, San Nicola Arcella: la colazione si fa sul terrazzo, dentro solo in caso di pioggia. Il tavolo è bianco, di ferro pitturato, con i buchini (per farci impazzire quando eravamo piccole e disegnavamo, che bisognava mettere sotto qualcosa altrimenti il foglio si bucherellava tutto); il pavimento è di cotto e ogni anno appena arriviamo dobbiamo pulirlo dal muschio che si forma sopra in inverno.. tanta acqua e una spatola per grattare meglio, io mi diverto un sacco, la nonna un po’ meno che si spazientisce in fretta (invece a me certi lavori ossessivo-compulsivi pare piacciano da sempre).
La colazione, dicevo.
Il latte è buono, ha un sapore diverso da quello di Milano, ma come sempre ci metto il Nesquik. Il pane è casereccio e sa di.. non so di cosa sa, ecco, so che è buono; né molle né croccante, ma con la consistenza giusta.
La marmellata è rigorosamente fatta in casa: prugne, pesche, quel che c’è. La fa la nonna o gliela regalano le amiche. È sempre un po’ asprigna, perché la nonna dice che altrimenti la crostata viene stucchevole.
E poi c’è il mare: dalla terrazza si vede fino a Maratea e quando il tempo è proprio bellissimo anche Capo Palinuro. Di fronte ho l’isola di Dino e se faccio colazione la mattina presto mi fa compagnia il ronzio delle prime barche, anche se il mare è un centinaio di metri sotto di noi. Per sapere com’è il mare mi basta guardare l’isola e vedere se ha il bordo bianco (mare mosso) oppure no.

L’anno che ho fatto ripe di mate con Marilena, la signora del piano di sopra, mi mandava gli aeroplanini con le soluzioni dei problemi che non ci erano riusciti a lezione dal suo terrazzo al nostro.

(..non è solo la marmellata lo so..)

Un melone di ricordi

Ieri rientrando a casa faceva caldo e passando davanti alla gelateria nei dintorni ho pensato di offrirmi una sana granita di vero limone. La macchina era rotta, però c’erano i ghiaccioli “veri”: melone o mandorla. Mandorla non mi ispirava troppo e così ho scelto il melone.
Frullato di melone ghiacciato. Il primo morso per rinfrescare, il secondo per ricordare.

Secoli fa, San Nicola Arcella. Io al mare con la nonna. Notte, caldo, molto caldo.
Secondo me eravamo già andate a letto e ci eravamo svegliate per il caldo e ci siamo trovate in cucina. A bere un bicchiere d’acqua o di karkadè (te o karkadè erano sempre aromatizzati con la menta che cresceva nell’aiuola dell’agave e io mi ci pungevo sempre andando a stendere, ma questa è un’altra storia).
“Che ne dici, ci mangiamo un po’ di granita di melone?” chissà poi perché l’avevamo fatta, non me lo ricordo proprio. Troppi meloni in giro per casa? Un melone troppo maturo per essere mangiato con calma? Mah. Fatto sta che l’avevamo frullato e surgelato in una vaschetta e quella notte armate di cucchiai ci siamo messe a mangiarne un po’.
Fresco, gelido. Saporitissimo. Con il sapore che certe cose hanno solo nel cuore della notte.

(..difficile non collegare l’estate alla nonna, soprattutto agosto..)

A pensarci bene sono viva per miracolo

..è quel che ho rinfacciato oggi ai miei genitori, rei di avermi cullata con ninna nanne assolutamente non convenzionali.
“ah, se avessi telefonato al Telefono Azzurro, non so mica come sarebbe finita, eh!” “..che è quasi incomprensibile come io e mia sorella siamo cresciute sane di mente, vi rendete conto?”
Il tutto ovviamente sghignazzando.

Mammà ci cullava cantandoci la ballata di Michè (lui si impicca in cella) e La canzone di Marinella (anche lei non fa una bella fine), il babbo prova a tirarsene fuori “Ma io vi salvavo raccontandovi le storie di Nonno Carotino!” “Certo, insieme ai canti degli alpini, che sono un chiaro invito all’alcolismo!”.
E anche la nonna faceva la sua parte in tutto questo, lei che non cantava e non raccontava, ma recitava poesie: Pianto antico di Carducci (per il figlio morto, sic!), La cavalla storna di Pascoli (sull’assassinio del padre..) e, forse un po’ meglio, Davanti San Guido (che comunque è piuttosto cupa e impegnativa per delle pupattole!).

(..proprio un miracolo, sìssì!)

Voglia di vita tra le tue mani

Le cose da scrivere qui ronzano in testa soprattutto quando spengo la luce e lascio scorrere la giornata, ma sono troppo stanca per alzarmi e andarle a scrivere.. A meno di non andare a letto con l’iCoso come adesso (sempre più affollato questo letto: io, il sig. N, due gatte, l’iCoso..).
E poi spesso mi fermo a rileggere vecchie cose per sorridere e dirmi che ero proprio cretina!

Come un paio di giorni fa quando a Roma ho conosciuto Fulco Pratesi e non mi riusciva troppo di star seria, perché nella mia testa (e quindi qui) io ho già parlato diverse volte col sig. Fulco!

(ho mandato un sms a BA “ho qui davanti il sig. Fulco, devo dirgli qualcosa da parte tua?” “sì: groan!” A quanto pare non sono l’unica che non si smentisce :-D)

e il vento suona la sua armonica che voglia di piangere ho

Ci sono quei giorni che alzarsi dal letto no, non è un problema, ma affrontare la giornata o uscire di casa sì. Giorni che in un attimo sono le quattro e non hai ancora fatto niente, osservi i gatti e sai che non è un problema di autodisciplina, no.
Giorni che l’elenco delle cose da fare non ti viene in mente anche se ti concentri o se ti arriva scappa via in un attimo.
Giorni che

Nella notte hai ancora un brivido

Le notti di primavera mi lasciano invariabilmente insoddisfatta, soprattutto le prime.
L’aria tiepida, leggermente profumata, una certa trasparenza che percepisco qua e là, le strade ancora mezze vuote, sento sempre un invito a zingarare.
Dopo aver depositato i passeggeri avrei voluto lasciare la macchina e camminare senza un meta o ascoltare qualcuno parlare per ore, annuendo ogni tanto.

Ho delle valide ragioni per essere soddisfatta oggi, ma nessuno mi ha mai insegnato ad esserlo: un sorriso tra me e me e sto già pensando al prossimo problema, che il mio orgasmo è trovare le soluzioni non rimirarle.

(..forse potrei anche parlare ancora, per ore, ma rigorosamente di niente. Per girare intorno alla primavera. Sensazioni, fioriture, umidità, luccichii, incoerenza..)

Così stanco che sogno di non sognare

Primavera.
Le finestre aperte, i cinguettii, i gatti che cercano di volare di sotto mentre giocano sui davanzali a inseguire le prime bestioline volanti, i bimbi festanti in un prato (cit.), quello del parco sotto casa.
Il balcone langue nella mia scarsa voglia di ricominciare a discutere con i gatti sul contenuto dei vasi (io pianto e loro sradicano, scavano, capovolgono, io riparo e loro ripartono: una sorta di garden war), io giro col pile che ancora non ho capito che clima c’è (non ho bene in mente che in primavera fa caldo di giorno e freddo la sera, sono ancora stordita dallo strano inverno alle spalle).
Continuo a correre e non fermarmi, a perdere weekend per fare cose, ma almeno la primavera si porta via la stanchezza di testa e mi lascia solo quella fisica. Ma è un tripudio di idee, cose da fare, stimoli e non c’è proprio il tempo di fermarsi, neanche a fare la lagna.

..e sogno, tanto. Di notte per lo più. Sogni scemi, che non racconto, da diario e non più da blog (mi manca lo scrivere per me sola e ignorare che qualcuno mi legge e mi fa fatica attorcigliare quel che voglio scrivere in quei post per me sola), sogni senza capo né coda, posti noti che ridisegno, facce vecchie che muovo come pedine. Sclavi dice che scrivere per Dyd una volta era facile perché ci riversava i suoi incubi.. chissà se devo imparare anch’io dai miei sogni.

..e mi manca sognare ad occhi aperti, costruire qualcosa pezzo dopo pezzo, con la lenta lascivia del padrone di un sogno che tutto può. La magia di immaginare, i voli improvvisi, i pozzi profondi dal fascino oscuro. E una colonna sonora degna di questo nome, da urlare stonata, prima di essere invasi dai tormentoni estivi. Che le notti di primavera hanno questo di bello: essere più tranquille e incontaminate, ancora prive di rumore.. almeno le prime!

(..e inizio da Ciak di Pannofino a preparare la mia compilation..)

In questa urgenza di vivere

Divorzieremo perché io non trovo casa e sono nauseata a furia di cercarla.
In questo buco di culo di posto dove abitiamo abbiamo da un lato la tangenziale est che ci limita, dall’altro la minaccia della Pedemontana, dall’altro il Lambro e in ultimo una distesa sterminata di agglomerati urbani.. E se penso che il bello del vivere in questo posto doveva essere stare ai piedi delle prime colline della Brianza, beh, è un bello che nell’ultimo decennio è scemato parecchio.
Spostarsi significa andare più a nord o più a ovest, in entrambi i casi più lontani da Milano, con stazioni (quando ce n’è) periferiche, parecchio traffico in più per il sig. N..
E ovviamente io non mi accontento della prima casa che potrebbe andare bene: esattamente come ho fatto quando mi sono sposata, non ho certo preso il primo venuto.. (e sì, farmi fare le cose di cui non sono convinta è un’opera improba).
Così sabato ho visto una casa. Enorme. Sufficientemente mal messa da costare poco ma permetterti di reinventarla. Dietro un supermercato, in una frazione dimenticata da Dio e dagli uomini, attaccata alla tangenziale e che probabilmente sarà soffocata a sud dalla Pedemontana. La casa mi piace (piaceva?), ma come si fa a decidere con queste premesse e queste simpatiche note dolenti?
Il venerdì sera quando quel tratto è un grumo di traffico, l’aria sui due terrazzi sarà irrespirabile? E la Pedemontana porterà più traffico? Più rumore? Sarà vero che l’interramento non me la farà notare?

Io non so rispondere. E se non rispondo non compro.

(..e non voglio più vedere case nuove dai prezzi esorbitanti e comunque troppo piccole o case vecchie con magagne che magari noto subito o dopo qualche giorno..)