Corsica for dummies: a Corte in treno

La sveglia suona alle 5:15.
L’idea peregrina è di andare a Corte (nel centro della Corsica) in treno.
I vantaggi sono vedere posti non raggiungibili in auto, evitare brutte strade, andare in treno (quest’ultimo per la gioia del sig. N).
Alle 6:30 facciamo il biglietto, poi colazione. Entrando in stazione vengo presa da un attacco di shopping compulsivo e mi dirigo al Tabac dove compro la Routard in francese. Nessuno di noi parla francese, ma la guida si lascia leggere.
Il treno, due carrozze “panoramiche” (vista sul guidatore compresa), velocità massima 80 km/h, un TGV (che qui significa Treno a Grandi Vibrazioni), parte alle 7:30.
Non pienissimo, miliardi di fermate la maggior parte nel mezzo di niente, aria condizionata, ci mette quasi due ore per portarci alla meta.
Sulla carta la distanza tra la stazione e le “attrazioni” è breve.. 20 minuti, sotto il sole delle 9:30, senza un filo d’aria. Per fortuna abbiamo preso il treno presto!

Corte è stata la roccaforte dell'”essere corsi”, qui ha vissuto il padre della patria, ci ha avuto a che fare Napoleone, le rivolte nascevano qui.
Intorno montagne, gole e la confluenza tra due fiumi.
Passiamo davanti all’unica università dell’isola e continuiamo a salire.
Ai piedi della cittadella svoltiamo per il belvedere, una terrazza a picco, che mostra tutta la valle intorno.
Fa caldissimo e quindi ci buttiamo nel museo (evviva l’aria condizionata!).
Progettato da un architetto torinese, ha una collezione permanente sulla storia e le tradizioni corse, e nella esposizione temporanea va in scena Napoleone.
Chiariamoci: il finto tappetto non mi è mai stato troppo simpatico e questa non è la mostra del mio cuore, ma è interessante. Ci sarebbe da sparare al curatore che ha fatto fare le scritte in oro su sfondo fumo in un ambiente poco illuminato ma tant’è.
La Corsica ribadisce in tutte le salse che Nap era corso, ma va bene.
Della collezione permanente è interessante l’approccio tematico piuttosto che storico (evvai!).
Al termine della visita siamo usciti sulla balconata alla scoperta della cittadella, arrampicandoci fino al “nido delle aquile”, l’avamposto più alto di tutta Corte.

Usciamo che sono le 13:30 e andiamo in cerca di qualcosa da mangiare. Incrociamo i consigli delle due guide e decidiamo per un locale accanto a Rue Paoli, qualche centinaio di gradini più in basso. Il locale ha fuori un bel cartello “oggi a mezzogiorno saremo eccezionalmente chiusi”!
Facciamo un breve giro poi ci infiliamo in un locale lì accanto. Il servizio è pessimo e lo si capisce fin da subito, stiamo seduti un pezzo prima che si ricordino di noi. Ma intanto io scrivo e il sig. N un po’ si lagna e un po’ legge la guida.
Il pranzo è il più interessante di quelli fatti finora: io inizio con una terrina di cinghiale e il sig. N con la zuppa paesana (un minestrone ricco), poi cannelloni al brocciu e formaggi corsi per entrambi. Il conto è onesto: poco più di 30€.
In città abbiamo visitato tutto, facciamo una passeggiata per la via dello shopping (manco a dirlo, Rue Paoli) e io compro una penna, della colla e un libro scemo in inglese.
Alle 16 iniziamo la discesa verso la stazione, dove visitiamo il supermercatino e poi aspettiamo il treno.

Il nostro TGV, che arriva da Ajaccio, è già pienissimo e nonostante il ricambio di passeggeri, saliamo a fatica.
Mentre io mugugno tra me e me (due ore di “tram” appesa a un sostegno troppo alto per me non sono il massimo), due signori proprio accanto a noi si alzano per scendere.
Il resto del viaggio trascorre sonnecchiando.
Al rientro in campeggio dò la rivincita a biliardo al sig. N, che mi straccia per ben due volte!

Una cosa che ho notato a Corte è stata l’assenza di fontanelle, che finora invece abbiamo trovato ovunque in abbondanza.

Corsica for dummies: a zonzo per Cap Corse

Oggi si gira.
Il deserto delle Agriate, per quanto mi attiri da mesi prima di partire, lo scartiamo. Si può girare in mountain bike (ma fa troppo caldo!), in jeep (la Jollyroger, per quanto ogni tanto diventi una 216, non lo è) o in barca (troppo costoso affittarne una per sole 2 persone e per quanto riguarda i barconi “organizzati” sono rimasta traumatizzata anni fa in Croazia).
Decidiamo così di avventurarci a nord, alla scoperta di Cap Corse.
Superiamo Nonza a fatica (le macchine parcheggiate ovunque la rendono praticamente una passing place) e proseguiamo incantati dal paesaggio fino a Pino, dove ci fermiamo per rinfrescarci ad una fontana, andare in cerca del convento (non raggiungibile.. indicazioni nulle e terrore – mio – che ci fosse da scendere per tutta la collina e poi riscalarla) e fermarsi allo Spar locale (che per diffusione e tipologia di prodotti mi ricorda la Coop da noi) per comprare il pranzo.
Poi ripartiamo in direzione di Centuri-Port e di una spiaggia dove rinfrescarci e fare un pic-nic.
Poco prima di Centuri, di fronte a un capo, c’è un isolotto (parco naturale) con microscopiche spiagge e tanti scogli. Su uno degli scogli, dopo adeguato guado della laguna, abbiamo abbandonato zaino, pranzo e asciugamani.
Il bagno è stato all’insegna dei ricci e degli esperimenti del sig. N: se calpesto un riccio con le mie scarpe da scogli, mi farò male? (la risposta è sì!)
Sdraiati sugli scogli abbiamo sbranato una baguette con del formaggio di capra. Mentre sbucciavo il formaggio e lo appoggiavo a tocchi nel tupperware davanti a me ho avuto un deja-vu. Per un momento sono stata Olivia che sbuccia la sua arancia prima di prendere una decisione e mi sono ritrovata ospite nella tenuta di Ibiza, mentre preparo un melone locale e ne assaporo il profumo.
Fuggiti alla calura degli scogli ci siamo inerpicati verso Ersa, osservando le pale eoliche (che mi affascinano da sempre), due silos in rovina e un mulino in cima alla collina.
Il sig. N mi ha guidata alla scoperta del mulino (Mattei) che il cugino corso del sig. Campari ha usato negli anni 70 per la pubblicità dei suoi liquori e della cedratina.
Il mulino all’interno è visitabile ma non ospita, ahimè, uno spaccio di cedrata gelata bensì un microstore di magliette e affini volte al mantenimento della riserva naturale di cui il mulino fa parte.
Dal mulino si gode un’ampia vista delle baie circostanti, dell’isola di Giraglia e dell’Elba (o forse era Capraia?).

Il sig. N mi ricorda che in una qualche frazione di Centuri c’è un tremendo semaforo a senso unico alternato che causa ingorghi pazzeschi perché non viene rispettato alla lettera.
Degna figlia di mio padre (che urlava “Pirla!” a un irlandese in un ingorgo nel centro di Dublino più di 20 anni fa) ho urlato “Pirla, c’è il semaforo!” a un francese in contromano.

La tappa successiva è stata Macinaggio, una visita tutto sommato inutile: non c’è nulla da vedere, c’è un porto enorme e il paese è parecchio affollato.
Il tempo di comprare qualcosa di gelido da bere, fare un tuffo in una spiaggia niente di che e siamo ripartiti.
Abbiamo puntato su Luri, dove la torre di Seneca prometteva bene. Sulla strada abbiamo provato a fermarci ai “Jardins traditionelle du Cap Corse”, una sorta di orto botanico che coltiva antiche varietà tipiche del Capo. Purtroppo la mezz’ora a nostra disposizione prima della chiusura dei giardini non era sufficiente a girarli tutti e a gustare la degustazione compresa nel biglietto d’ingresso.
Abbiamo proseguito verso la torre, che non è sulla strada che porta a Luri, ma sulla D180 ben oltre A Piazza. Quando il sig. N ha iniziato a disperare di trovarla, ho alzato gli occhi e l’ho vista sopra di noi, una sorta di Mordor sul suo pinnacolo di roccia nera, diroccata e solitaria quanto basta.
Pare che Seneca abbia scritto dei versi (somme lamentazioni direi io) che la Rough cita. Quando il sig. N me li ha letti ho riso per circa un quarto d’ora!

Alla fine non siamo saliti alla torre: la scalata di mezz’ora compresa la roccia viva non faceva per me.
Il rientro ha avuto come tappa intermedia Pieve di Canari di cui la Rough diceva meraviglie (per una torre e per l’ascesa al campanile) che non abbiamo notato. Da veri barbari non ci siamo resi conto dell’importanza della chiesa plebana e il campanile non era visitabile (non che fosse chiuso, no, non era proprio previsto!).
Alla fine, stanchi ma soddisfatti, abbiamo cenato in campeggio (sconsiglio: poca scelta e pizze carissime).
Prima di nanna il sig. N ha avuto la malaugurata idea di sfidarmi a biliardo: con la classe tipica dei principianti l’ho battuto, per la gioia del mio fan club crucco (tre nani che avranno avuto, sommandoli, 20 anni).

Corsica for dummies: materassi bucati e spiagge nere

A metà notte il mio materasso mi ha abbandonata e ho traslocato su quello del sig. N (che è da una piazza e mezza). La notte è passata comunque felicemente, soprattutto per il freschino.
Il nostro campeggio, come dicevo ieri, è sul mare: poco più in là della nostra piazzola c’è una spiaggia sassosa (con qualche riccio) dove abbiamo fatto un tuffo veloce ieri sera. Oggi andiamo alla spiaggia di sabbia, 5 minuti a piedi da qui.
La passeggiata è in realtà un’arrampicata tra scogli e vegetazione selvatica, ma va bene così, la spiaggia merita!
Il sig. N, da piccolo, deve aver guardato dei documentari terrorizzanti che l’hanno messo al corrente dell’esistenza di bestie mostruose tra cui: i ricci, le meduse e i pesci assassini (quelli che si nascondono sotto la sabbia e “trapanano” lo sventurato che li calpesta causandone la morte istantanea! – il sig. N suggerisce possa essere questo).
Fare il bagno con lui è stressante! anche se mi diverto a dirgli cose mostruose per spaventarlo un po’.
Onde evitare di ustionarci e/o prenderci un’insolazione abbiamo deciso di tornare alla tenda per pranzo. Seduti su due stuoie abbiamo consumato un’insalata di lattuga (locale) e mais e tonno (importati).
La lettura post prandiale ha fatto cadere il sig. N in uno stato comatoso da cui l’ho risvegliato verso le 5, ossia dopo aver terminato tutto il libro che avevo cominciato la mattina stessa.
Siamo partiti in spedizione alla volta di Patrimonio, dove abbiamo ammirato un menhir (niente di che.. il sig. N dice “buffo! mentre qui in Corsica facevano i menhir, gli Etruschi sul continente costruivano fogne e autostrade!”) e la chiesa (chiusa e in ristrutturazione).
Data l’ora non ci siamo fermati a fare il tour delle cantine, rimandandolo ad un altro giorno.
Poi ci siamo diretti verso Nonza, ma invece di fare la strada “ovvia” (quella costiera) ci siamo avventurati in montagna verso Farinole. La strada stretta e il borgo inesistente ci hanno premiato con meravigliosi panorami della vallata sottostante prima e delle scogliere sul mare una volta attraversato il passo.
Nonza è stata una vera sorpresa: mai viste così poche case con così tanto traffico!!!
A parte questo il paese si introduce con diversi cartelli che indicano la presenza di un ecomuseo, ma una volta arrivati in centro i cartelli sono tutti sbarrati.. mah!
Il paese è microscopico e sovrastato da una bella torre d’avvistamento tutta verde, del colore della pietra locale. Dallo spiazzo attorno alla torre si gode una vista meravigliosa sui giardini terrazzati e soprattutto sulla spiaggia nera piena di scritte fatte coi sassi.
La spiaggia è semideserta forse anche per il divieto di balneazione vigente: poco più a nord c’è una cava di amianto, chiusa negli anni sessanta, e i residui della lavorazione sono stati buttati in mare.. le correnti continuano a portare acqua inquinata sulla spiaggia e la coprono di questa sabbia scura.
Sotto la torre, su una terrazza, c’è un piccolo bar (La Sassa) a picco sul mare. Ci siamo fermati a bere un aperitivo e ad ascoltare un gruppo che provava musica tradizionale corsa: io ho assaggiato il famoso Muscat e il sig. N un vino bianco.
Abbiamo tolto le tende solo dopo esserci rilassati, con la sottoscritta che pontificava “le vacanze dovrebbero essere proprio così: con un buon bicchiere di vino in mano, un bel panorama da guardare e della musica tranquilla di sottofondo”.
La cena ci ha riportati a Patrimonio dove volevamo seguire le indicazioni della guida (Osteria S. Martinu) ma era pieno, così ci siamo diretti verso un ristorate isolato subito dietro il menhir (Au jardins du menhir o Zanzibar). Il sig. N si è lanciato sui prodotti locali (prosciutto e formaggio, con melone), mentre io mi sono data all’orto (insalata i pomodori cuore di bue coltivati lì accanto, con formaggio di capra caldo – ossia Salade de chévre chaud).
L’ambiente era tranquillo, dotato di un numero congruo (due) di gatti, tutte le zanzare del caso e musica corsa dal vivo.
La tarte tatin di pesca poteva essere meglio ma è stata comunque un esperimento interessante.
Una volta rientrati ho faticato a tenere gli occhi aperti finché i miei non hanno chiamato per assicurarmi che il loro rientro fosse andato bene.

Corsica for dummies: Pronti? Via!

La sveglia suona impietosa alle 2:30, non sono nemmeno 4 ore che dormiamo.. argh!
Doccia, gli ultimi bagagli, sistematina e coccole alle gatte che rimarranno a casa (accudite dai “nonni”), controllo biglietti, scambio macchine (la mia fuori dal garage per partire, quella del sig. N in garage) e via.
Io guido fino al primo autogrill della A1 (Lodi), poi tocca al sig. N. Quando gli passo il volante praticamente svengo e mi risveglio all’uscita di Livorno, dove – da buon co-pilota – sono incaricata di trovare la direzione per il porto (la signorina del navigatore satellitare non ci è di troppo aiuto).
Ho preso diversi traghetti e tutte le volte mi sono trovata ad attenderli in code molto compatte ed ordinate. Questa volta no.
Sarà che sono le 6 ed il traghetto parte tra due ore, sarà che c’è la crisi e la Corsica Ferries (CF) ha voluto risparmiare un uomo, ma qui è un delirio: macchine alla rinfusa, a cavallo tra le corsie, spazio vuoto (irraggiungibile) davanti, corsie libere ai lati mentre la gente inizia a fermarsi alla rotonda e via via sulla strada per arrivare al porto.
Fra un’ora, quando la mobilità della zona sar in piena crisi, un paio di uomini della CF proveranno a mettere un po’ d’ordine.
Finalmente a bordo, finalmente su due sdraio all’ombra del ponte più alto. Tanto per cambiare io dormo.
Il sig. N prova a svegliarmi un paio di volte, ma con scarsi risultati. Poi finalmente ce la fa.
Sosta bagno, giro alla ricerca di qualcosa da sgranocchiare che non costi miliardi (ci abbiamo rinunciato), poi si torna sulla sdraio a leggere.
Il tragitto è rapido: Livorno – Bastia 4 ore (o poco più: abbiamo circa mezz’ora di ritardo).
Allo sbarco scopro che mi hanno “griffato” la Jollyroger: un bell’adesivo dell’armatore campeggia sul mio portellone posteriore. Il sig. N lo stacca e lo usa per “griffare” la nave.
Ho fame, ma la macchina è stracarica e non riusciamo a trovare un’abbinata cibo-parcheggio che ci convinca, così facciamo rotta verso St. Florent, nostra prima tappa.
Usciamo da Bastia attraverso una periferia bruttissima, vediamo dall’alto lo stagno di Biguglia, intorno a noi è brullo e sassoso, 3 mucche pascolano sul ciglio della strada (non in un recinto!).
Ci arramprichiamo e scolliniamo. Si vede il mare, si vede St. Flo, si vedono tantissime vigne dalle forme irregolari che arrivano ad arrampicarsi su un monte che sembra appoggiato lì per caso. La strada è stretta e la linea centrale sembra più una guida che il divisorio tra due corsie.
A St. Flo c’è meno parcheggio che in centro a Milano. Alla ricerca di qualcosa da mangiare, finiamo in un posto (L’ombre) per turisti, col servizio scarsissimo e il cibo che non ci convince troppo.
Spesa veloce e poi si parte alla ricerca del campeggio.
Prima andiamo alla ricerca di U’ Paradisu, consigliato da Meridiani. Dopo 10 km dovremmo tuffarci in uno sterrato solo per fuoristrada di 11 km (tempo di percorrenza stimato: 1 ora) ma fortunatamente un cartello “Complet” ci fa desistere.
Torniamo indietro e andiamo a vedere i 3 campeggi costieri (Kallistè, Acqua dolce, U’ pezzo) di St. Flo: tutti hanno posto ma non hanno corrente per le tende (libera). Tra macchine fotografiche, cellulari, pile ricaricabili, non ce la sentiamo di farne a meno. Proviamo al campeggio sul fiume, ma è pieno fino a domani.
Il sig. N inizia a preoccuparsi.
Facciamo rotta verso Centuri e ci fermiamo ad ogni campeggio che incontriamo per strada. Il terzo è quello buono: si chiama A stella e si trova a Marine de Farinole. Tanta ombra, sul mare.