Paese feticcio

Quando lavoravo in “io sono la stella-ah”, avevo una collega fantastica D, con cui facevamo discorsi seri, filosofici, cazzari, deliranti.
Lei era.. uhm, ogni tanto era un po’ PTWG fatto donna: irriverente, massacrante, ma fortissima.
Nei nostri discorsi avevamo dei posti mitici (o feticci), se dovevamo parlare di un posto desolante il paragone spontaneo era “un po’ come il canavese” (tuttora quando faccio la MITO mi viene da ripensarci e sghignazzare).
Uno dei discorsi più in voga (nel mezzo della perenne riorganizzazione aziendale ci voleva) era quello sulla qualità della vita, il cui sunto era: sto in ufficio dalle 9 alle 18, ci metto 2 ore di macchina a tornare a casa e di vita non mi rimane nulla.
Il proseguo del discorso suonava un po’ così: massì, quando mi stufo veramente e non ne posso più, mollo tutto e mi trasferisco a Pizzighettone. Vuoi che non ci sia un bel MacDonald’s in centro dove posso andare a fare la cameriera per 4 ore al giorno, poi torno a casa mi tolgo l’unto di dosso e vivo?

(..non sono mai stata a Pizzighettone. D sì, per caso. Mi ha detto che il centro storico è medievale e molto carino. Non ricordo se c’è un MacDonald’s..)

Mangiarsi un panino con dentro un bambino

P Ed un’altra cosa.. Tu sei felice?
F questa è una domanda impegnativa..
F con lui? in generale?
P in generale..
F a tratti
F insoddisfazione e felicità non vanno mai a braccetto
F e io sono sempre insoddisfatta, sempre in cerca..
F ma mi basta poco per essere felice, almeno per un po’

(..e questo mi ricorda la mia adolescenza, le infinite discussioni con mio padre sulla mia perenne infelicità, sulla nuvola nera che a suo dire mi portavo dietro, quella nuvola nera che mi sentivo dentro mentre fuori sorridevo. “Tu nascondi tutto dietro un sorriso” mi ha detto qualcuno una volta e io a quella frase mi ci sono aggrappata per un pezzo, finché non ho smesso di cercare la felicità stand alone e ho deciso che c’erano tante cose da fare, tante idee da frullare, tanti pezzetti di cielo a cui alzare gli occhi ogni tanto per godersi il tepore. E l’azzurro intenso..)

Email in solo testo

I ricordi sono strani, saltano fuori quando meno te l’aspetti. Prima lavavo i piatti del secolo scorso, in attesa di preparare la cena, e mi è tornato in mente un episodio della mia “infanzia” in rete.
Per un certo periodo sono stata iscritti ad una ml di programmatori VB, dove loro parlavano e io sostanzialmente lurkavo, tranne quando davo qualche dritta su questioni matematiche (ricordo un interessante progetto sulla criptazione a cui ho fornito qualche spiega sui numeri primi e su qualche teorema e mi è capitato di rivedere qualche linea di codice..).
Tra una cosa e l’altra un giorno ho postato un bell’OT (segnalato, eh), una barzelletta tecnologica, nella mia bella mail in html.
Un paio di scambi dopo mi è arrivata una cortesissima email che mi chiedeva se era possibile averla in solo testo perché il client del mio interlocutore non interpretava l’html. Mi sono sentita talmente una schifezza che (tranne rare eccezioni aziendali) non ho più mandato mail in html.

(..e mi è poi tornato in mente che appena assunta in Vodafone avevo una bellissima firma in ascii art con un draghetto di circa 5 cm, che ha fatto prendere un coccolone al mio primo capo. Del resto era comprensibile: le mie mail arrivavano a tutto il capocciume aziendale, che però non se ne è mai lamentato. Anzi, a distanza di anni qualcuno ancora mi chiedeva che fine avesse fatto il draghetto..)

Tudù

Devo finire di importare il vecchio blog da Tiscali (brillante operazione da portare avanti a manina).
Ne ho approfittato per fare un giro a vedere cosa facevano i vecchi compagni di scorribande.. uno è scomparso come aveva promesso, i fidanzatini hanno avuto una bimba, la mia mita è passata dall’informatica ai manga all’Africa, il papino direi che ha trovato una nuova compagna (e direi che piace anche alla sua bimba).
Tra una storia e l’altra sono passati 4 anni.. chi l’avrebbe mai detto.
Io me li ricordo ancora gli stati d’animo e il buio di Milano quando all’inizio o alla fine di una giornata lavorativa avevo bisogno di scrivere e scrivere e scrivere e ogni tanto correre a leggere cosa sentivano gli altri.
Ecco a pensarci adesso direi che.. non ho una vita noiosa, anche se in passato ne ho odiato tanti pezzi.

(..brivido.. ma è solo l’aria condizionata!)

Anni novanta (forse)

Sotto la doccia succedono cose strane.. come guardare nel portasaponi, vedere il solito scrub all’albicocca, sentirne l’odore solo a guardarlo e trovarsi a scavare nella memoria odorifera (che io ho appena battezzato così) per ricordarsi dove l’ho già sentito.
Anni novanta, o forse fine degli ottanta.. nella battaglia (persa, data l’età) contro l’invasione degli ultrabrufoli usavo l’Aaprì, un prodotto a base di albicocca che nella versione scrub usava i noccioli di albicocca.

(..e su questa lieta reminescenza ho buttato giù dal letto Tiff..)

Pappa

Oggi ho mangiato passeggiando per parco Sempione insieme ai miei.

Quando abitavo a Milano era d’obbligo in primavera andare al parco (rigorosamente coi pattini a rotelle) a vedere gli anatroccoli.
Al centro del laghetto c’è un’isoletta dove le anatre covavano le uova e io e mia sorella dalla riva la scrutavamo insistentemente per vedere le prime schiudersi e poi seguivamo la crescita degli anatroccoli per i mesi seguenti.

(..stavolta niente anatroccoli..)

Croazien

Metti 7 amici attorno a un tavolo, di cui 5 si conoscono da più di un decennio e 3 di loro hanno condiviso nmila vacanze estive.
Prendi una torta, un discreto numero di superalcolici, del gelato.

Tempo un’ora la torta era finita, i superalcolici ampiamente testati e 3 o 4 deficienti (compresa una deficientA) piegati in due dalle risa tanto da non riuscire nemmeno a terminare di raccontare l’aneddoto :-D

(..le due estati in Croazia sono state veramente pazzesche!)

Stream of consciousness

Mi sono resa conto che l’unico momento della giornata ”a mente libera” in cui i pensieri possono vagare e associarsi liberamente, è il breve tragitto (5 minuti circa) dal garage in cui lascio la macchina alla stazione.
Prima sono troppo presa ad avviare la giornata, poi in treno dormo, poi c’è l’ufficio.. sulla via del ritorno sono troppo pensierosamente concentrata o troppo attiva per lasciarmi andare, la sera la passo a parlare, cazzeggiare, fare..

Oggi ho fatto un percorso tortuoso, partendo da cose dette nella notte, passando per un ex-segreto che G ha condiviso con me (grazie!) e sono in qualche modo arrivata al “far capire”. E lì mi sono messa a ridacchiare tra me e me, ricordando scene del passato.
Pensavo a una discussione avvenuta anni fa tra me e il topo, di cui non ricordo assolutamente la materia del contendere, ma solo un paio di battute. Io che gli rinfacciavo “ma io te l’ho fatto capire!” e lui, assolutamente fuori dai gangheri, che urlava “Ma come me l’hai fatto capire? Io non ho capito! Ma perché non l’hai detto e basta?” al che io ero scoppiata sonoramente a ridere uccidendo la discussione :-P

(c’ho messo un po’ ma poi l’ho capito: gli uomini non conoscono la sottile arte del far capire, non si immaginano nemmeno di dover/poter cogliere.. tranne rare eccezioni)

Abbracciabile

L’aneddotica familiare racconta che da piccolina andassi in giro canticchiando una canzone di Gianni Morandi che parlava di abbracci. Incrociando gli abbracci e gli anni in cui si presume io la cantassi sono arrivata a “Abbracciamoci” del 1979.

Abbracciamoci
abbracciamoci
è uno slogan di felicità
abbracciamoci
abbracciamoci
perché il mondo più bello che so
per cantare per cantare
abbracciamoci
abbracciamoci
chiudi gli occhi ancora di più

(domenica rispondevo a E. sostenendo che sono una donna abbracciabile. Sarà mica colpa di Morandi?)