torniamo a noi

le cose vanno uno schifo. cioè, certi giorni mi illudo che vada bene, che la sto superando… ma chi voglio prendere in giro? non sto superando un accidenti di niente. sto malissimo e soprattutto non voglio superare questa situazione. voglio solo tornare indietro. non ho mai pensato che la mia fosse un’esistenza “dorata”, ma a modo mio stavo bene… ma non potevo nemmeno immaginare che tutto potesse ridursi così di botto.. a puro dolore.
io ho deciso che devo essere forte. che devo farcela. vorrei piangere in continuazione, ma mi sono imposta di non farlo… al massimo quando sono da sola, ma poi mi sgrido subito. non è una valvola di sfogo costruttiva.
la verità è che non so nemmeno da che parte si possa ricominciare…
cioè, dovrei ricominciare da me, ma proprio non ce la faccio, almeno non ancora.

il vento

fuori c’è vento. tanto. l’aria quasi profuma, il cielo è azzurro, quasi terso. gli alberi risplendono in questo inizio d’autunno.
dov’è la mia grigia metropoli che ieri mi copriva come una coltre?

Autunno. Mi ritorna sempre in mente Helsinki. Sarà perché ci sono arrivata in questo periodo… sarà perché Suomenlinna era tutta d’oro e rossa quando ci sono andata.
Se chiudo gli occhi sono ancora al porto, circondata da gabbiani e cigni… senti il profumo del mare? e il suono musicale del finlandese…

Partire. Forse è questa la risposta che cerco. Tornare dove almeno per un po’ sono stata felice… chissà.

Voglio ancora il vento quando esco. mi piace quando mi soffia in faccia, mi scombina i capelli… è la carezza di un amante, un amico che mi abbraccia. mi fa volare leggera, porta con sé i pensieri, i sogni, le amarezze.

Ancora viva

…venerdì pensavo di non farcela, veramente. Stavo male, tanto male. Avrei voluto che tutto finisse da un momento all’altro. Le lacrime, il dolore, la mia vita… beh, forse davvero è finito tutto, ma questa resurrezione non la auguro a nessuno. Che senso ha alzarsi alla mattina e soffrire per arrivare a sera? Che senso ha andare avanti senza gioia, senza speranza di felicità, senza… bah.

sono in ufficio da sola. Guardo fuori e ascolto. Sotto di me scorre una delle arterie della città. La sento pulsare, vivere. I pensieri altrui scorrono e qualche pallida ombra arriva fin qui. Nell’edificio di fronte i muratori lavorano facendo un rumore sordo, costante. Come il vecchio pendolo della nonna, scandisce i miei minuti a un ritmo tutto suo. In strada un allarme suona a intervalli regolari. La gente alla fermata del bus guarda l’auto con occhi vacui, chiedendosi come ignorarla.

Cosa sono qui a fare? Se non posso vivere, qual è il mio ruolo?

Forse vedere, ascoltare e riportare.

Lacrime sparse sulla mia pagina

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Eccomi…

Ieri sera in autobus pensavo a questa cosa del blog e cercavo un nick che potesse andarmi bene. Poi l’ho trovato.
Eccomi, sono Cheeboh.
“Chee” come “Cheese”, come sorridere, perché la maggior parte del mio tempo sono una persona allegra e sorridente, ed è così che tutti si ricordano di me e mi pensano.
E poi “boh” come quelle mattine in cui ti guardi allo specchio e “Chi sei? Dove vai? Perché vai?” sono domande con due risposte possibili e “boh” è la migliore che ti viene in mente. Ma anche “boh” per quelle serate strane, come ieri, in cui la cosa migliore ho fatto è stato mandare un sms ad un amico dicendo “sono una donna stanca, su un autobus umido, in una settimana di merda…”, lui mi ha risposto “Minchia!” e io ho iniziato a ridere. Pazzesco, no? Dev’essere la pioggia, oppure “boh”.
E infine sono “Cheeboh”. Non hai capito? Leggilo ad alta voce. Non suona come “cibo”? Già. La mia “ossessione”. Ma io non sono ossessionata. O forse sì. Beh, fin qui in qualche modo ci sono arrivata. Di sicuro ingurgitando cibo. Insomma “Cheeboh” anche per essere veramente io, e non la ragazza magra che è in me che esce appena possibile… via mail, al telefono, se non ci sono specchi. Qui non ci sono specchi. Ci sono solo io. O forse questo blog è uno specchio e io ancora non lo so.
Uno specchio dell’anima.