Pesche e pane casereccio

Come ho appena scritto ad un amico, sono giorni che qualunque cosa mi tira fuori ricordi di San Nicola. Quello da cui non mi voglio separare lo ispira un barattolino di marmellata di pesche, che mi ha regalato un’amica settimana scorsa.
Le pesche son brianzole, l’amica pure, non c’è ragione perché mi faccia pensare alla Calabria. E invece.. Guardo il barattolino, giallo di sole (sissì, brianzolo, ma sempre sole è) e mi chiedo se la marmellata sarà dolce o asprigna. Poi cerco il pane per provarla e mi arrendo: il pane è sbagliato, quello che voglio qui non c’è e manca pure il terrazzo.

Millemila anni fa, San Nicola Arcella: la colazione si fa sul terrazzo, dentro solo in caso di pioggia. Il tavolo è bianco, di ferro pitturato, con i buchini (per farci impazzire quando eravamo piccole e disegnavamo, che bisognava mettere sotto qualcosa altrimenti il foglio si bucherellava tutto); il pavimento è di cotto e ogni anno appena arriviamo dobbiamo pulirlo dal muschio che si forma sopra in inverno.. tanta acqua e una spatola per grattare meglio, io mi diverto un sacco, la nonna un po’ meno che si spazientisce in fretta (invece a me certi lavori ossessivo-compulsivi pare piacciano da sempre).
La colazione, dicevo.
Il latte è buono, ha un sapore diverso da quello di Milano, ma come sempre ci metto il Nesquik. Il pane è casereccio e sa di.. non so di cosa sa, ecco, so che è buono; né molle né croccante, ma con la consistenza giusta.
La marmellata è rigorosamente fatta in casa: prugne, pesche, quel che c’è. La fa la nonna o gliela regalano le amiche. È sempre un po’ asprigna, perché la nonna dice che altrimenti la crostata viene stucchevole.
E poi c’è il mare: dalla terrazza si vede fino a Maratea e quando il tempo è proprio bellissimo anche Capo Palinuro. Di fronte ho l’isola di Dino e se faccio colazione la mattina presto mi fa compagnia il ronzio delle prime barche, anche se il mare è un centinaio di metri sotto di noi. Per sapere com’è il mare mi basta guardare l’isola e vedere se ha il bordo bianco (mare mosso) oppure no.

L’anno che ho fatto ripe di mate con Marilena, la signora del piano di sopra, mi mandava gli aeroplanini con le soluzioni dei problemi che non ci erano riusciti a lezione dal suo terrazzo al nostro.

(..non è solo la marmellata lo so..)

Un melone di ricordi

Ieri rientrando a casa faceva caldo e passando davanti alla gelateria nei dintorni ho pensato di offrirmi una sana granita di vero limone. La macchina era rotta, però c’erano i ghiaccioli “veri”: melone o mandorla. Mandorla non mi ispirava troppo e così ho scelto il melone.
Frullato di melone ghiacciato. Il primo morso per rinfrescare, il secondo per ricordare.

Secoli fa, San Nicola Arcella. Io al mare con la nonna. Notte, caldo, molto caldo.
Secondo me eravamo già andate a letto e ci eravamo svegliate per il caldo e ci siamo trovate in cucina. A bere un bicchiere d’acqua o di karkadè (te o karkadè erano sempre aromatizzati con la menta che cresceva nell’aiuola dell’agave e io mi ci pungevo sempre andando a stendere, ma questa è un’altra storia).
“Che ne dici, ci mangiamo un po’ di granita di melone?” chissà poi perché l’avevamo fatta, non me lo ricordo proprio. Troppi meloni in giro per casa? Un melone troppo maturo per essere mangiato con calma? Mah. Fatto sta che l’avevamo frullato e surgelato in una vaschetta e quella notte armate di cucchiai ci siamo messe a mangiarne un po’.
Fresco, gelido. Saporitissimo. Con il sapore che certe cose hanno solo nel cuore della notte.

(..difficile non collegare l’estate alla nonna, soprattutto agosto..)

A pensarci bene sono viva per miracolo

..è quel che ho rinfacciato oggi ai miei genitori, rei di avermi cullata con ninna nanne assolutamente non convenzionali.
“ah, se avessi telefonato al Telefono Azzurro, non so mica come sarebbe finita, eh!” “..che è quasi incomprensibile come io e mia sorella siamo cresciute sane di mente, vi rendete conto?”
Il tutto ovviamente sghignazzando.

Mammà ci cullava cantandoci la ballata di Michè (lui si impicca in cella) e La canzone di Marinella (anche lei non fa una bella fine), il babbo prova a tirarsene fuori “Ma io vi salvavo raccontandovi le storie di Nonno Carotino!” “Certo, insieme ai canti degli alpini, che sono un chiaro invito all’alcolismo!”.
E anche la nonna faceva la sua parte in tutto questo, lei che non cantava e non raccontava, ma recitava poesie: Pianto antico di Carducci (per il figlio morto, sic!), La cavalla storna di Pascoli (sull’assassinio del padre..) e, forse un po’ meglio, Davanti San Guido (che comunque è piuttosto cupa e impegnativa per delle pupattole!).

(..proprio un miracolo, sìssì!)

Così stanco che sogno di non sognare

Primavera.
Le finestre aperte, i cinguettii, i gatti che cercano di volare di sotto mentre giocano sui davanzali a inseguire le prime bestioline volanti, i bimbi festanti in un prato (cit.), quello del parco sotto casa.
Il balcone langue nella mia scarsa voglia di ricominciare a discutere con i gatti sul contenuto dei vasi (io pianto e loro sradicano, scavano, capovolgono, io riparo e loro ripartono: una sorta di garden war), io giro col pile che ancora non ho capito che clima c’è (non ho bene in mente che in primavera fa caldo di giorno e freddo la sera, sono ancora stordita dallo strano inverno alle spalle).
Continuo a correre e non fermarmi, a perdere weekend per fare cose, ma almeno la primavera si porta via la stanchezza di testa e mi lascia solo quella fisica. Ma è un tripudio di idee, cose da fare, stimoli e non c’è proprio il tempo di fermarsi, neanche a fare la lagna.

..e sogno, tanto. Di notte per lo più. Sogni scemi, che non racconto, da diario e non più da blog (mi manca lo scrivere per me sola e ignorare che qualcuno mi legge e mi fa fatica attorcigliare quel che voglio scrivere in quei post per me sola), sogni senza capo né coda, posti noti che ridisegno, facce vecchie che muovo come pedine. Sclavi dice che scrivere per Dyd una volta era facile perché ci riversava i suoi incubi.. chissà se devo imparare anch’io dai miei sogni.

..e mi manca sognare ad occhi aperti, costruire qualcosa pezzo dopo pezzo, con la lenta lascivia del padrone di un sogno che tutto può. La magia di immaginare, i voli improvvisi, i pozzi profondi dal fascino oscuro. E una colonna sonora degna di questo nome, da urlare stonata, prima di essere invasi dai tormentoni estivi. Che le notti di primavera hanno questo di bello: essere più tranquille e incontaminate, ancora prive di rumore.. almeno le prime!

(..e inizio da Ciak di Pannofino a preparare la mia compilation..)

2-o-12

Buon anno!
Il mio 2012 è iniziato esattamente come volevo: giocando a Munchkin! (partita andata a monte poco dopo per troppi niubbi e sig. N che remava contro, ma vabbè)
Anche ieri non è stato male: Mad Men in tv, iCoso da riempire di app, un gatto sulla (mia) pancia che dormiva mollemente, il sig. N che giocava con Arduino.. cosa si può chiedere di più? Un sacco di cose, ok, ma ieri era perfetto così.

I bilanci dell’anno scorso li faccio un’altra volta (a ottobre saranno 9 anni che bloggo, ho appena controllato!, e il bilancio l’ho fatto solo una volta!), che ho già in testa le cose da fare e nessuno mi distoglierà finché non le elenco tutte:

  • Cose mie (casa, PP, bilancia, ..)
  • Cose di lavoro (sistemare LinkedIn, frieda.it, ..)
  • Cose online (decidere cosa fare di fcvg.it, valutare l’uso dei socialcosi, ..)
  • Cose di hobby (far crescere WMI, trovare un altro hobby, ..)
  • Cose leguleie (attendere ottobre e scoprire se posso ricominciare a respirare..)
  • Tutto il resto (tirare fuori la faccia da poker e navigare a vista..)

Poi magari nel 2013 imparerò anche a giocare a poker!

(leggendo Sara mi è venuto in mente che toccava anche a me.. quella dell’anno scorso l’ho scritta sulla tovaglietta di un bar, durante un pranzo con due amiche, ma non me la ricordo e non so dove l’ho messa, questa almeno rimane!)

Rubrica

Ho sistemato la rubrica di gmail in modo che la smetta di propormi il vecchio indirizzo mail (dell’ex lavoro) del sig. N e tra i risultati della ricerca è comparso anche l’indirizzo mail di nostro figlio, quello che non esiste.

(..comunque gmail tutte le mattine cerca di propormi di passare alla nuova versione, che ho provato l’altro ieri per 3 secondi e mi è parsa all’altezza di questi giorni: un bel tutto bianco e con poche “informazioni” stile lapide al cimitero!)

L’innovazione necessaria

Ogni tanto quando cortesemente sbatto qualcuno in moderazione alla prima mail che scrive su una mailing list, mi chiedo come mai nessuno abbia ancora inventato il “moderatore automatico”.

(..Gmail riconosce il mio spam no? Perché troll e cafoni devo invece disarmarli io a vista? Sto diventando una moderatrice pigra..)

Percezioni

Il sig. N sostiene che io possegga troppe scarpe e probabilmente trae questa conclusione confrontando il numero di scarpe che posseggo io (mai contate) con le sue (quattro paia, credo).
La mia opinione è ovviamente opposta: non ho abbastanza scarpe e sono in grado di elencare diversi modelli di cui ho necessariamente bisogno e che non posseggo. Inoltre sono abbastanza disinteressata alle scarpe del consorte (mi occupo solo di quelle da mettere col vestito!).

(..ci sono i saldi, che sono sempre un’ottima scusa per fare shopping e io sto guardando solo scarpe. Vorrà pur dire qualcosa? E per non farmi mancare nulla oggi ho comprato un paio di sandali con i brillantini, molto poco da Frieda..)

Quella volta che sono diventata grande

In casa mia si è sempre letto il Corriere. Quando ero piccola d’estate al mare andavo in edicola (che stava a circa 2 minuti a piedi da casa, su una tranquilla strada residenziale) a comprare il giornale per il papà (poi mi dimenticavo sempre il resto e l’edicolante – che era la nonna di due mie amiche – lo dava ai miei quando li vedeva passare, ma questa è un’altra storia).
Era (in realtà lo è tutt’ora a casa dei miei) vietato stropicciare il giornale, spiegazzarlo e leggerlo arrotolato, come fa le gente in treno o sui mezzi pubblici: il Corriere si legge (all’epoca il formato era più grande di quello attuale) preferibilmente seduti al tavolo e in mancanza di tavolo, seduti in poltrona in maniera consona (sempre in modo tale che il giornale non si spiegazzi, ecc.).
Se le pagine si sfasano mio padre (e io, che ho ereditato questa sua mania) prima lo riordina e poi lo legge.

Nel mezzo di tutte queste manie, sfogliare il giornale a casa mia non era una cosa così strana neanche per le nanerottole (quando alle medie ci facevano leggere il giornale in classe e ci spiegavano dove stava la cronaca, la terza pagina che non sta a pagina tre, la politica, ecc. non c’era molto di nuovo per me), anche se non si può dire che lo leggessimo veramente.

Poi nell’estate in cui avevo ancora tredici anni (i quattordici sarebbero arrivati qualche mese più tardi, dopo l’inizio della scuola), un giorno sotto gli ombrelloni un amico dice “Ma vi rendete conto che c’è una guerra e noi non ne sappiamo niente?” e sì, mi ricordavo qualcosa dai titoli che leggevo, ma non avevo mai approfondito. Era la prima guerra del Golfo e quell’estate ho iniziato a leggere (pezzi) di giornale.

(..oggi sono 19 anni che è morto Paolo Borsellino, un’altra di quelle notizie arrivate con sgomento sotto l’ombrellone..)