Ciao mondo

Alle 00:39 di una settimana fa, CeeCee spalancava i suoi occhioni (di colore indefinito, come tutti i neonati) su questo mondo :-)

Due giorni dopo, al rientro a casa, tutti gli esseri di sesso femminile, incuranti della razza, si facevano prendere da una crisi isterica (io, CeeCee e le gatte..). Il sig. N pare sopravvivere, ecco.

Chiacchiere di viaggio

A raccontare alla lurkatrice folle cose successe eoni fa, poi si finisce per andarle a ricercare. E così rileggendone pezzi uno ci trova dentro delle “profezie” così precise che quelle papali, dei Maya, ecc. ci fanno un baffo.

F veramente a me mancano i tizi in frigo minacciosi, eh..
P compra un frigo americano e mettici dentro il tuo uomo

Manco a farlo apposta (cioè me ne fossi ricordata magari anche pure!) nei progetti per casa nuova il sig. N, dopo lunghe discussioni sul frigo ad incasso sì/no, ha ceduto alle mie rimostranze e si è deciso per un frigo freestanding, purché sia quello che piace a lui. E l’ha già scelto: americano. Non sa cosa rischia!

Così stanco che sogno di non sognare

Primavera.
Le finestre aperte, i cinguettii, i gatti che cercano di volare di sotto mentre giocano sui davanzali a inseguire le prime bestioline volanti, i bimbi festanti in un prato (cit.), quello del parco sotto casa.
Il balcone langue nella mia scarsa voglia di ricominciare a discutere con i gatti sul contenuto dei vasi (io pianto e loro sradicano, scavano, capovolgono, io riparo e loro ripartono: una sorta di garden war), io giro col pile che ancora non ho capito che clima c’è (non ho bene in mente che in primavera fa caldo di giorno e freddo la sera, sono ancora stordita dallo strano inverno alle spalle).
Continuo a correre e non fermarmi, a perdere weekend per fare cose, ma almeno la primavera si porta via la stanchezza di testa e mi lascia solo quella fisica. Ma è un tripudio di idee, cose da fare, stimoli e non c’è proprio il tempo di fermarsi, neanche a fare la lagna.

..e sogno, tanto. Di notte per lo più. Sogni scemi, che non racconto, da diario e non più da blog (mi manca lo scrivere per me sola e ignorare che qualcuno mi legge e mi fa fatica attorcigliare quel che voglio scrivere in quei post per me sola), sogni senza capo né coda, posti noti che ridisegno, facce vecchie che muovo come pedine. Sclavi dice che scrivere per Dyd una volta era facile perché ci riversava i suoi incubi.. chissà se devo imparare anch’io dai miei sogni.

..e mi manca sognare ad occhi aperti, costruire qualcosa pezzo dopo pezzo, con la lenta lascivia del padrone di un sogno che tutto può. La magia di immaginare, i voli improvvisi, i pozzi profondi dal fascino oscuro. E una colonna sonora degna di questo nome, da urlare stonata, prima di essere invasi dai tormentoni estivi. Che le notti di primavera hanno questo di bello: essere più tranquille e incontaminate, ancora prive di rumore.. almeno le prime!

(..e inizio da Ciak di Pannofino a preparare la mia compilation..)

Cose di Capodanno

Andando alla ricerca dei miei (eventuali) bilanci annuali, ho scoperto due cose che mi ero dimenticata:

  1. che all’epoca degli auguri via sms (ora mi arrivano via mail, twitter, voce, facebook, di sms se ne son visti ben pochi qui!) mandavo auguri irreali
  2. che il salmone di Ugo è una costante e quindi non mentivo a tavola la sera del 31 mentre raccontavo che “mia sorella in realtà fa il vet solo come copertura, la sua vera attività è l’import parallelo di salmone affumicato!”

(..gli anni passano ma lo spirito regge :-p)

Dite che Buddy mi assume?

Il sig. N dice di no, ma che potrei andare a Paint your life.. e che comunque non fa sistemare a me la nostra prossima casetta.. non capisco come mai! Io gli ho detto che non troviamo casa perché quella dei miei sogni è proprio come quella di pan di zenzero :-D

(..in ogni caso ieri sera ci sono stati un sacco di problemi tecnici con la betoniera di glassa e con la consistenza finale che rimaneva sempre un po’ troppo sabbiosa.. finché non ho cacciato il dito dentro, sentito uno strano sapore salato e sghignazzato per ore: qualcuno – c’eravamo solo io, le gatte e il sig. N.. – qualcuno, dicevo, ha scambiato lo zucchero a velo con il bicarbonato dicendo che io avevo detto, illo tempore, che quello era lo zucchero :-D)

Bad attitude

B ma per fare quella cosa che sai, che non so bene quando, cosa dobbiamo fare?
F spogliati!
B guarda che lo dico al sig. N. ..e poi spogliarmi adesso, in mezzo alla strada..
F beh, così è più divertente!
B ah, già.

(..glielo dico io al sig. N cosa dico alla gente che vuol farmi organizzare eventi, quando mi telefona!)

Il signore degli anelli

Il sig. N detesta portare la fede.
L’altro giorno si è accidentalmente conficcato un cacciavite alla base dell’anulare, incastrandolo tra dito e anello.
Per una settimana è rimasto senza anello.

(..ogni tanto sospetto che l’abbia fatto apposta!)

E sono come te

R “S. Te lo ricordi?”
F “Chi?”
C “Mai sentito..”
R “Dai, S.. che è entrato in camera nostra a Gressoney quella volta che saltavamo sui letti, fuori di testa chissà perché, mezze nude e lui è entrato di colpo..”
F “No.. ma il nome mi dice qualcosa..”
(..dopo mezz’ora di chiacchiere su altro..)
F “Ma aspetta: S. era alto, moro, con gli occhi scuri? Ed è entrato in camera nostra e a metà di un salto mi sono infilata sotto le lenzuola?”
R “sì, e io mi sono strappata la tasca dei jeans mentre cercavo di tirarli su a forza..”
F “..me lo ricordo, me lo ricordo! E poi è rimasto lì a chiacchierare come se niente fosse.. e poi, era Woodstock lui, no?”
C “Come Woodstock?”
F “essi, gliel’avevi dato tu quel nome!”
C “Cavolo non mi ricordo proprio..”

La camera a Gressoney che abbiamo condiviso era nel 1986 o nel 1987 (prima o seconda media).
C era mia compagna alle elementari, poi alle medie. Al liceo lei ha fatto il classico ma dopo il biennio ha cambiato scuola e ci siamo perse dopo poco.
R era mia compagna alle medie, al liceo era in un’altra sezione (una porta più in là!) e ci siamo perse dopo i primi anni di università.

Con R siamo uscite a pranzo un anno fa, a C avevo iniziato a scrivere anni fa, dopo aver trovato il suo nome tra gli autori di un paper che mi interessava; siamo tutte amichette su FB, ma dal vivo era la prima volta che ci rivedevamo.
R con due figli è incredibile (li mette a letto e gli legge “Favole al telefono“, ho riconosciuto la copertina prima ancora che girasse il libro e mentre proponeva la fiaba di Giovannino Perdigiorno io mi sono trovata a rispondere “ha perso il tram di mezzogiorno”), C che è tornata, che coraggio!, dopo una vita all’estero.
Ma soprattutto il passato: pezzi da raccontare, cose su cui ridere, la tristezza di quelli che non ci sono più, certe cose che non cambiano mai.. (“non ci credo ti sei vista con la .., ma se non l’hai mai sopportata!” “Infatti non la sopporto neanche adesso!”).

Intanto i vuoti si ammonticchiano in giro: io ho portato una bottiglia e una torta, C due bottiglie, R aveva già stappato un rosso per farlo respirare in nostra attesa. C’è chi beve Braulio in dosi omeopatiche, chi si coccola un Laphroig nel bicchiere. E si fa tardi troppo presto e dobbiamo salire sul terrazzo, non si può andare via senza.
E c’è Milano davanti a noi, mezza vuota. C’è un ex-lui che torna a casa e sbircia in direzione nostra ma non ci vede, siamo in ombra, ma continua a guardare. E noi guardiamo, lui, gli zingari, le luci di Milano.
Fa fresco, si sta bene. Sembra di essere altrove.

Il gusto di torba viene con me fino a casa e sono tentata di non lavarmi i denti per non perdere quel sapore, che sa di terra, fumo e ricordi.

(..bentornate ragazze!)

Blu come un cielo trapunto di stelle

Il pratone fiorito di viola di settimana scorsa non c’era più: l’hanno falciato e stava seccando prima di essere imballato e conservato come fieno, ma i prati tagliati sono già ricresciuti.
E io faccio il capobanda, perché ho la scusa, e un po’ mi lancio e un po’ li aspetto. Finché non scopro che se anche mi lancio, prima o poi arrivano.. e i prati invitano a lanciarsi in un galoppo a perdifiato.
Ed è la sera giusta perché non fa troppo caldo, non ci sono troppi insetti e io e il mio destriero siamo proprio in sintonia.
Scendiamo in una valletta e due belle lepri ci scappano davanti e un pensiero passa tra le orecchie del mio cavallo “le inseguiamo?”, ma poi cediamo all’impulso e riposiamo un attimo, ché un’altra corsa in salita ci attende e prima di passare il crinale un altro pensiero “che c’è dietro? quasi quasi mi fermo..” e invece arriviamo in cima e un poco oltre, prima di aspettare gli altri, perché un po’ più avanti è sempre meglio.
Un attimo di fresco con le zampe a mollo nel Tidoncello e poi la fuga finale. Lentamente passiamo accanto all’albero, prima che qualcuno salti giù dal dislivello senza vederlo e poi corriamo verso casa: veloci, testa a testa con chi ci affianca, per poi lasciarlo indietro, saltando quel che non ci aspettiamo per la strada (i solchi del trattore, il rigagnolo d’acqua..), provando ad aspettare gli ultimi due e poi decidere che non importa, ci troviamo in fondo.

(..che bella questa sintonia, mi mancava da una vita.. grazie. bello. bello. grazie. Ancora?)

Dammi due parole

Tra le tante informazioni (abstract, foto, short bio) che mi hanno chiesto per un convegno, ce n’è una che l’altra sera mi ha spiazzato:

in due parole (due max) come ti definiresti

Non sapendo che dire ho iniziato a tormentare gli amici online su gtalk chiedendo una mano per risolvere il mio “serissimo problema”.

Tra le tante risposte ha goduto di una certa popolarità “dolcemente autoritaria”, rapidamente scartato dopo che googlando ho trovato un simpatico annuncio che richiedeva “… lezioni di “arte romagnola” da una coppia con lui mini o normo dotato e lei curiosa e dolcemente autoritaria, primissima esperienza, max discrezione …”.

In un’altra conversazione siamo partite da “grandemente indaffarata” per finire a parlare di aviaria (e ricevere un altro link sul tema, oggi, questo!).

Il più nerd, che però mi ha risposto in differita, mi ha mandato una mail spiegandomi che lì per lì aveva un po’ travisato:

pensavo che mi stessi chiedendo:

«Mi definiresti in due parole “2”» cioè la definizione del (concetto di) numero 2.

La cosa bella è che avevo pure la risposta pronta:
“il numero due è la classe di equivalenza degli insiemi che hanno la
stessa cardinalità di: $$\{ \emptyset, \{\emptyset\}\} $$”
(sì, ho un plugin che mi permette di visualizzare il LaTeX scritto nelle mail).

(..ho passato la sera a ridere, almeno :-))