Al momento di salire in macchina mi ha detto “però guarda sto direttore della fotografia che luci che fa..”. Le nuvole si erano appena riaperte e la luce calda del tramonto inondava tutta la valle e mi son ritrovata a pensare che qui non si smarmella mica!
Ogni partenza è un ripasso, come rileggere un caro libro, io ripasso questa strada: sono terminati i lavori e il tratto tutto curve di stradina stretta in mezzo ai campi tra Villanterio e Santa Cristina e Bissone non c’è più.
Il pezzo che mi faceva sempre sghignazzare pensando a quel fanciullo appena conosciuto, vittima della sindrome di Ryoga, che minacciavo di abbandonare in mezzo al granturco dopo averlo fatto girare su se stesso, rimane solo nella mia memoria, sostituito da una strada larga a due corsie comode. Dove c’era il granturco quest’anno c’è il riso (sospetto non sia solo normale rotazione, è la prima volta che vedo risaie su questa strada).
Ho bisogno di un sano niente e con me ci sono quattro cd di musica italiana degli ultimi – uhm – cinquant’anni. Volume alto, canto a squarciagola. Ogni tanto sono così immersa nei pensieri che non ricordo neanche quale la canzone appena terminata. Il tempo c’è e quindi Rimmel passa due volte e anche Patrizia.. so solo che quando arrivo alla meta la sua maglietta fina è già volata via e lei sta soffrendo (e io impunemente la tronco a metà).
È proprio primavera inoltrata: il verde verdissimo, il fieno imbiancato di fiori, le acacie con più fiori che foglie, il grano con gli steli blu.
Quel che resta della mattina passa ozioso di chiacchiere e anche un pezzo del pomeriggio. Poi partiamo per una delle nostre spedizioni, a trovare l’ippovia. Io con Giove, il mio socio con Olly.
Un breve tratto tranquillo di viottoli, attraversamento del Tidoncello e di aie varie, poi la troviamo e ci troviamo a salire e salire e salire. Ad un certo punto proviamo a fare una variante di valico (e io rido come una pazza mentre lo dico, perché siamo veramente in alto e dominiamo tutta la valle) attraversando un pratone di costa, ma oltre c’è il seminato e non ci azzardiamo a rovinare un raccolto. Torniamo indietro e saliamo ancora un po’, prima di inventarci strade per scendere (non c’è gusto a far la stessa strada due volte).
Prima c’è il sole, poi le nuvole, ancora il sole. C’è vento, l’aria è bella, ronza dei trattori che tagliano il primo fieno. Giove è un patatone e Olly fa la scema, ogni tanto fa dei salti da gatto o si spaventa per delle sciocchezze ed è così prevedibile che io continuo a ridere.
L’atmosfera è così bella che diciamo cose tremende “ma che posto orrendo, senti l’aria come puzza, mamma che traffico..” come degli scemi. In effetti non incontriamo più di tre o quattro macchine, qualche trattore rallenta o si ferma al nostro passaggio per non spaventare Olly, una lepre ci attraversa la strada correndo come una matta.
Le gambe non sono più quelle di una volta e le due ore si sentono, ma una volta rientrati.. non voglio più scendere!
(..grazie sociuz, dimentico sempre quanto sia bello e vitale e necessario!)