Ha un cuore da fornaio e forse mi tradisce

Ogni tanto io e M andiamo a berci una birra.
“ogni tanto” cade sempre di mercoledì: io vado a prenderlo sotto l’ufficio, passiamo dal locale che consigliano i suoi colleghi e che è sempre inesorabilmente chiuso, e finiamo a bere birra al Lowen, a quella panca lì.
18:30, di solito. Arriviamo al Lowen e aspettiamo che apra.

(..ok, non è tutto così perfettamente abitudinario: oggi sono arrivata alle 19:15, non siamo passati dal locale sempre chiuso, non ho trovato parcheggio al solito posto perché era tutto pieno, il Lowen era già aperto e la solita panca era bagnata perché ha piovuto. Ma andava bene lo stesso!)

E sono come te

R “S. Te lo ricordi?”
F “Chi?”
C “Mai sentito..”
R “Dai, S.. che è entrato in camera nostra a Gressoney quella volta che saltavamo sui letti, fuori di testa chissà perché, mezze nude e lui è entrato di colpo..”
F “No.. ma il nome mi dice qualcosa..”
(..dopo mezz’ora di chiacchiere su altro..)
F “Ma aspetta: S. era alto, moro, con gli occhi scuri? Ed è entrato in camera nostra e a metà di un salto mi sono infilata sotto le lenzuola?”
R “sì, e io mi sono strappata la tasca dei jeans mentre cercavo di tirarli su a forza..”
F “..me lo ricordo, me lo ricordo! E poi è rimasto lì a chiacchierare come se niente fosse.. e poi, era Woodstock lui, no?”
C “Come Woodstock?”
F “essi, gliel’avevi dato tu quel nome!”
C “Cavolo non mi ricordo proprio..”

La camera a Gressoney che abbiamo condiviso era nel 1986 o nel 1987 (prima o seconda media).
C era mia compagna alle elementari, poi alle medie. Al liceo lei ha fatto il classico ma dopo il biennio ha cambiato scuola e ci siamo perse dopo poco.
R era mia compagna alle medie, al liceo era in un’altra sezione (una porta più in là!) e ci siamo perse dopo i primi anni di università.

Con R siamo uscite a pranzo un anno fa, a C avevo iniziato a scrivere anni fa, dopo aver trovato il suo nome tra gli autori di un paper che mi interessava; siamo tutte amichette su FB, ma dal vivo era la prima volta che ci rivedevamo.
R con due figli è incredibile (li mette a letto e gli legge “Favole al telefono“, ho riconosciuto la copertina prima ancora che girasse il libro e mentre proponeva la fiaba di Giovannino Perdigiorno io mi sono trovata a rispondere “ha perso il tram di mezzogiorno”), C che è tornata, che coraggio!, dopo una vita all’estero.
Ma soprattutto il passato: pezzi da raccontare, cose su cui ridere, la tristezza di quelli che non ci sono più, certe cose che non cambiano mai.. (“non ci credo ti sei vista con la .., ma se non l’hai mai sopportata!” “Infatti non la sopporto neanche adesso!”).

Intanto i vuoti si ammonticchiano in giro: io ho portato una bottiglia e una torta, C due bottiglie, R aveva già stappato un rosso per farlo respirare in nostra attesa. C’è chi beve Braulio in dosi omeopatiche, chi si coccola un Laphroig nel bicchiere. E si fa tardi troppo presto e dobbiamo salire sul terrazzo, non si può andare via senza.
E c’è Milano davanti a noi, mezza vuota. C’è un ex-lui che torna a casa e sbircia in direzione nostra ma non ci vede, siamo in ombra, ma continua a guardare. E noi guardiamo, lui, gli zingari, le luci di Milano.
Fa fresco, si sta bene. Sembra di essere altrove.

Il gusto di torba viene con me fino a casa e sono tentata di non lavarmi i denti per non perdere quel sapore, che sa di terra, fumo e ricordi.

(..bentornate ragazze!)

Percezioni

Il sig. N sostiene che io possegga troppe scarpe e probabilmente trae questa conclusione confrontando il numero di scarpe che posseggo io (mai contate) con le sue (quattro paia, credo).
La mia opinione è ovviamente opposta: non ho abbastanza scarpe e sono in grado di elencare diversi modelli di cui ho necessariamente bisogno e che non posseggo. Inoltre sono abbastanza disinteressata alle scarpe del consorte (mi occupo solo di quelle da mettere col vestito!).

(..ci sono i saldi, che sono sempre un’ottima scusa per fare shopping e io sto guardando solo scarpe. Vorrà pur dire qualcosa? E per non farmi mancare nulla oggi ho comprato un paio di sandali con i brillantini, molto poco da Frieda..)

Forze dell’ordine

Ultimamente io e il sig. N abbiamo avuto dei simpatici incontri con le forze dell’ordine, uno ciascuno e in tempi piuttosto ravvicinati.

All’inizio del mese io sono passata da Roma di ritorno dalla Puglia per prendere un treno e tornare a casa; in attesa che si facesse l’ora giusta passeggiavo per via Veneto con mia madre mentre mio padre era ad un appuntamento. La macchina era parcheggiata sul marciapiede (in via Veneto non si parcheggia, nelle vie laterali nemmeno..).
Mio padre finisce il suo app e in contemporanea avvistiamo due vigili. Mia madre mi pianta le chiavi della macchina in mano e mi manda a recuperarla.
Arrivo, faccio per sparcheggiare e sento un “toc, toc!” sul vetro. Il vigile mi ha beccata in pieno e mi scoccia particolarmente, visto che non ho nemmeno parcheggiato io.. ma ormai è fatta.
Tiro giù il finestrino e il vigile inizia “Signora, questo è un marciapiede, lo sa?” “Sì, lo so, ma dovevo accostare un attimo e non sapevo proprio dove fermarmi..” “Ma non sul marciapiede!” “Lo so, lo so” “Va beh, senta. La prossima volta, se proprio deve, almeno la metta in doppia fila!”. E a quel punto ho avuto qualche problema.. a restare seria!!!
A Milano potrebbe non succedermi niente se parcheggio su un marciapiede, ma è sicuro che se la lascio in doppia fila me la portano via in meno di cinque minuti.
Alla fine con l’aria molto contrita me ne sono andata, con il vigile che molto gentilmente mi faceva manovra :-p

Domenica invece andando dai suoceri, c’era il sig. N al volante della Jollyroger. In autostrada chiacchieravamo e lui stava andando piuttosto piano (almeno secondo i miei standard).
Ad un certo punto mi dice “c’è la polizia che ci segue” “ma figurati, staranno andando piano anche loro”. Arriviamo alla nostra uscita e la polizia esce anche lei. Il sig. N è sempre più preoccupato..
Paghiamo il biglietto, la polizia passa il telepass, si sposta sulla nostra corsia davanti a noi e tira fuori la paletta. Va beh, vediamo cosa c’è.
Il sig. N accosta, scende, inizia a dire “Buongiorno..” e poi saluta amichevolmente uno dei due.
Era un vecchio amico che sorpassandoci l’aveva riconosciuto!

(..ora basta per il prossimo anno, eh!)

Quella volta che sono diventata grande

In casa mia si è sempre letto il Corriere. Quando ero piccola d’estate al mare andavo in edicola (che stava a circa 2 minuti a piedi da casa, su una tranquilla strada residenziale) a comprare il giornale per il papà (poi mi dimenticavo sempre il resto e l’edicolante – che era la nonna di due mie amiche – lo dava ai miei quando li vedeva passare, ma questa è un’altra storia).
Era (in realtà lo è tutt’ora a casa dei miei) vietato stropicciare il giornale, spiegazzarlo e leggerlo arrotolato, come fa le gente in treno o sui mezzi pubblici: il Corriere si legge (all’epoca il formato era più grande di quello attuale) preferibilmente seduti al tavolo e in mancanza di tavolo, seduti in poltrona in maniera consona (sempre in modo tale che il giornale non si spiegazzi, ecc.).
Se le pagine si sfasano mio padre (e io, che ho ereditato questa sua mania) prima lo riordina e poi lo legge.

Nel mezzo di tutte queste manie, sfogliare il giornale a casa mia non era una cosa così strana neanche per le nanerottole (quando alle medie ci facevano leggere il giornale in classe e ci spiegavano dove stava la cronaca, la terza pagina che non sta a pagina tre, la politica, ecc. non c’era molto di nuovo per me), anche se non si può dire che lo leggessimo veramente.

Poi nell’estate in cui avevo ancora tredici anni (i quattordici sarebbero arrivati qualche mese più tardi, dopo l’inizio della scuola), un giorno sotto gli ombrelloni un amico dice “Ma vi rendete conto che c’è una guerra e noi non ne sappiamo niente?” e sì, mi ricordavo qualcosa dai titoli che leggevo, ma non avevo mai approfondito. Era la prima guerra del Golfo e quell’estate ho iniziato a leggere (pezzi) di giornale.

(..oggi sono 19 anni che è morto Paolo Borsellino, un’altra di quelle notizie arrivate con sgomento sotto l’ombrellone..)

Effetti collaterali

La novità tennologica è che da un paio di volte il direttivo ha smesso di riunirsi in IRC ed è passato a Skype, dalla chat alla chiacchiera a voce il passo è lungo e ci sono un sacco di pro: si fa prima, ci si capisce meglio, si riesce a discutere senza perdersi i pezzi, ecc. Poi ogni tanto c’è qualche problema tecnico (telefonate che cadono, gente che sparisce,..) ma mediamente basta far chiamare il gruppo da quello che ha la connessione più stabile e il risultato è più che accettabile.
Siamo tutti, credo, microfonati, ma questo non toglie un po’ di distrazioni che vengono da fuori (il sig. N che mi parla..) a meno di non ricordarsi di silenziare il microfono (se piomba lì la mamma a metà di una riunione, ad esempio..). E dopo mezzanotte (trascorse già un paio d’ore dall’inizio) la concentrazione inizia a calare.

(rumore d’acqua)
F chi è che ci ha portati in bagno?
R sto lavando le ciliegie..
(..e dalle parti di Modena attaccano a ridere!)

Blu come un cielo trapunto di stelle

Il pratone fiorito di viola di settimana scorsa non c’era più: l’hanno falciato e stava seccando prima di essere imballato e conservato come fieno, ma i prati tagliati sono già ricresciuti.
E io faccio il capobanda, perché ho la scusa, e un po’ mi lancio e un po’ li aspetto. Finché non scopro che se anche mi lancio, prima o poi arrivano.. e i prati invitano a lanciarsi in un galoppo a perdifiato.
Ed è la sera giusta perché non fa troppo caldo, non ci sono troppi insetti e io e il mio destriero siamo proprio in sintonia.
Scendiamo in una valletta e due belle lepri ci scappano davanti e un pensiero passa tra le orecchie del mio cavallo “le inseguiamo?”, ma poi cediamo all’impulso e riposiamo un attimo, ché un’altra corsa in salita ci attende e prima di passare il crinale un altro pensiero “che c’è dietro? quasi quasi mi fermo..” e invece arriviamo in cima e un poco oltre, prima di aspettare gli altri, perché un po’ più avanti è sempre meglio.
Un attimo di fresco con le zampe a mollo nel Tidoncello e poi la fuga finale. Lentamente passiamo accanto all’albero, prima che qualcuno salti giù dal dislivello senza vederlo e poi corriamo verso casa: veloci, testa a testa con chi ci affianca, per poi lasciarlo indietro, saltando quel che non ci aspettiamo per la strada (i solchi del trattore, il rigagnolo d’acqua..), provando ad aspettare gli ultimi due e poi decidere che non importa, ci troviamo in fondo.

(..che bella questa sintonia, mi mancava da una vita.. grazie. bello. bello. grazie. Ancora?)

Sotto la luna puttana e il cielo che sorride

Niente.
Vorrei scrivere miliardi di cose ma non sono in vena, c’ho i pensieri che frullano e si mischiano alle note di De Gregori che canticchio anche mentre dormo, dopo averlo ascoltato per oltre 600km, in loop.

(..pffffffffffffffffff, sbuffo come una teiera, dice un impertinente BOFH. Ma come fanno i marinai..? rispondo io..)

La mia valigia

Quando due settimane fa ho preso la mia valigia per prepararmi ad andare via, l’ho trovata ammuffita.. in effetti era dal viaggio di nozze che non la usavo più e questo inverno il solito problema di umidità è stato più problematico degli altri anni (il povero deumidificatore non ce la faceva).
Muffa a parte, mi sto rifacendo delle miglia mancanti: col sig. N siamo stati a Roma-Montalto di Casto-Valentano-Todi-Baschi, con i miei siamo andati a trovare mia sorella in Puglia (poi ne scriverò) per cui Vieste-Monte Sant’Angelo-Manfredonia-Roma-poi Frieda in treno, venerdì vado a Siena e torno sabato passando per i colli piacentini e prima delle vacanze andrò anche a Viterbo.

Insomma, mi sono scrollata via anche io un po’ di muffa!