Parere medico

C hai la gnagnarella è una patologia frequente, quando ci si sente un po’ gnek
C (nota la terminologia medica…)
F (dopo accurata ricerca su gugol) Benvenuti su Gnagnarella.it, il sito di un’azienda leader nel settore dei rimorchi agricoli ed industriali con sede a Guastameroli in provincia di Chieti.
F Gnek, gnek, gnek, gnek, gnek, gnek, gnek, gnek, nulla. Gnek, gnek, gnek, gnek, gnek, gnek, gnek, gnek, nulla. Benzina c’è. Batteria c’è. Olio c’è. …

Donna, mistero senza fine bello

S ..chissà cosa c’è da festeggiare poi. E poi rompete tanto con la parità e mica c’è la “festa dell’uomo”
F essì. Perché sono le donne che sopportano gli uomini
S (occhiata in tralice alla moglie)
F ..

Una volta all’anno ci fermiamo e guardandoci dritte negli occhi ci raccontiamo che veniamo sempre e solo viste come mogli e madri, reali o future o possibili, e che non ci viene mai permesso di uscire da questo ruolo.
Il lavoro ci discrimina perché prima o poi potremmo diventare o mogli o madri o entrambe: non facciamo carriera, facciamo fatica a trovare uno straccio di contratto decente e se per caso pensiamo che prima o poi vorremmo essere mogli o madri o entrambe dobbiamo anche fare i conti con l’orologio biologico, che corre più in fretta di qualsiasi lavoro iperimpegnativo.

Per una volta ci ricordiamo che siamo donne, esseri più o meno dolci, più o meno delicati, più o meno.. non eterne combattenti, amazzoni, contrapposizione o negazione dell’uomo.
Mamme, figlie, partner, amanti, amiche.. semplicemente donne.

(..e visto che pare così scontato da non accorgersene, sì, una volta all’anno è giusto festeggiare..)

Finance

Ritrovarsi a calcolare il peso di un grattacielo..

(vuol dire che sono veramente figlia di mio padre? Ummamma!)

Figlia dunque sono

Ma io sono io o la figlia di mio padre?

Posso incazzarmi se mi sento presa in considerazione solo come figlia di mio padre e non come me stessa?

ekkekkazzo

Ita..ca?

(un BOFHfico a caso protesterà)

Sempre devi avere in mente Itaca –
raggiungerla sia il pensiero costante.
Soprattutto, non affrettare il viaggio;
fa che duri a lungo, per anni, e che da vecchio
metta piede sull’isola, tu, ricco
dei tesori accumulati per strada
senza aspettarti ricchezze da Itaca.
Itaca ti ha dato il bel viaggio,
senza di lei mai ti saresti messo
sulla strada: che cos’altro ti aspetti?

Costantino Kavafis, “Itaca”, 1935 –

(in)gessati

Stigmatizzo chi ha inventato le gonne longuette. E anche chi le compra.
Ma mi serviva un tailleur e c’era questo gessato.. e non mi sono curata troppo della lunghezza della gonna.
E men che meno della fodera che va dove dice lei.. (se mi tocca sistemarla un’altra volta, prendo la pinzatrice e aggiungo una ficciur alla gonna, Civvi docet).

Devo smetterla di comprare gessati. Due tailleur, due gessati.. (promemoria prima dell’acquisto del terzo!).

Un anno a Carnevale mi sono vestita da gangster col tre pezzi gessato che mio padre ha indossato al matrimonio. Con tanto di sua cravatta rossa a pallini, cappellaccio comprato ad hoc e pistola. Baffetti disegnati e sorriso impertinente. All’epoca ancora non amavo i gessati.

Qualche anno dopo per la festa di un’amica io e la gemella decidemmo di essere elegantissime e bellissime per una sera.. e ci presentammo rigorosamente vestite in giacca e cravatta tra lo stupore generale. Sì, due matte (non mi dimenticherò mai la faccia dell’allora moroso che per una settimana mi aveva immaginata vestita chissà come.. e il muso che mi ha tenuto).
Io ovviamente col gessato di cui sopra. Di cui iniziavo a subire il fascino.

Ah, le righe.

(E dire che i quaderni invece sono rigorosamente a quadretti grandi..)

Cercherò, mi sono sempre detta cercherò

Sciopero dei mezzi. Embè? Io vengo in macchina. Già, peccato che uno (un gs ha cercato di convincermi che se aveva parcheggiato male era una donna, ma insisto, era sicuramente un uomo!) mi abbia chiusa.. e abbia vinto il primo bigliettino mistico sotto il tergicristallo che scrivo da anni (ai limiti della correttezza, gli ho solo dato del pirla e definito catorcio il suo brillante autoveicolo).
Via di corsa alla metro per non fare tardi all’appuntamento.. che si rivela un appuntamento fiume e finisce alle 19:30, in via Torino, un’ora e mezza dopo l’inizio dello sciopero.. e la mia macchina è a Città Studi (4 miseri chilometri più in là, solo che io ho una cena fra un’ora! e non avrei mai fatto il percorso rapidissimo suggerito da Mappy..).
Passa un 27 lo inseguo, è fermo alla fermata con le porte chiuse, ma il semaforo è rosso. Arrivo e non mi apre, anzi, riparte un attimo prima che il semaforo diventi verdi (le orecchie del crumiro credo stiano ancora fischiando).
Aspetto per un quarto d’ora un tram che dovrebbe arrivare fra 8 minuti, poi decido di spostarmi dall’altra parte del Duomo.
Nella traversata valuto i mezzi di superficie che conosco, la strada da fare a piedi, il vento stellato, il centro illuminato e deserto, prendere un taxi.
Ma sì, taxi!
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O forse rimanere buoni amici come noi

Si metta agli atti che mi sento sonoramente presa per i fondelli da questo tempo: il sole che splende sulla mia testa china a lavorare e il vento che soffia pungente quando me ne vado a spasso.

Ekkekkazzo.

Tra l’altro, possiamo smetterla con ‘sta meteoropatia? C’ho già i fatti miei, mi ci manca pure il tempo che mi fa cambiare umore ad ogni piè sospinto.

(sì, è lunedì. Se non sono aggressiva di lunedì mica arrivo a fine settimana)

..e comunque è devastante ascoltare “Rimmel” di primo mattino in questa stagione. Ho perso 15 anni di botto e ho iniziato a pensare che costume mettermi per scendere a mare..