Getta le tue reti che buona pesca si farà

C’era quel passato remoto che un po’ mi ha forgiata per la vita che riemergeva ieri sera. Dopo due o tre settimane di pioggia avrei voluto che piovesse, per raffreddarmi, rinfrescarmi, lavarmi, per togliermi di bocca l’amaro e quella frase che risuonava scendendo dal treno “non dovevi fidarti” e le solite seghe sull’accordare fiducia sulla fiducia o se occorre guadagnarsela.
Bruciava l’errore che non è un errore, bruciava la misgestione del tutto e bruciava il tradimento.
Il sole tramonta, viene la notte, torna il giorno.
Un giorno intontito di sonno, di treni mancati e mancanti, di cose da dire senza essere ascoltati. Sedere, braccia conserte, ascoltare, distrarsi, astrarsi. Iniziare il delirio, svicolare e trovarsi lì, perché due minuti che decuplicano ci sono. Poi ancora. E ancora.
C’è un puffo che sospira di sopra, che corre e scalcia come un puledro, un Peter Pan che si sta innamorando di Wendy? Forse.
Del resto la Vale me l’ha scritto oggi alle 12:43 “quando si chiude una porta si apre un portone..”.

(..fin quando fa male, fin quando ce n’è!)

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