In viaggio

Dev’essere difficile parlare con me quando non mi voglio assumere la responsabilità dell’assoluzione.
Così difficile che io guidavo e lui leggeva il giornale. Con blande parole qua e là, sui temi più disparati e innocui. Lei citata milioni di volte. A un certo punto volevo urlare “Non è solo mia madre, è anche tua moglie!”. Ma mi sono resa conto che era un pensiero troppo femminile per poter essere colto. Almeno da lui.
Io guido, con un occhio che sbircia a destra per controllare gli autovelox, un occhio che si gode il panorama e i pensieri che si aggrovigliano. La famiglia, il capodanno, il signor N, le chiacchiere dell’altra notte, la trasferta che stiamo facendo, la luce meravigliosa di oggi.
Attraversiamo posti deserti, il sole è caldo, in lontananza ogni tanto compare il mare. La A3 è semideserta, semi in costruzione, semi autostrada. Semi.
Ogni tanto arrivano aneddoti della mia infanzia, miei, da S.
È un viaggio verso di loro, è un viaggio dentro di me.
Ci sono posti e viaggi e luci e colori e mentre ci passo incrocio viaggi passati, memorie che non ho più, e immagino viaggi futuri, e parlo con compagni che non ho ancora e che non ho più.
Penso alla macchina fotografica che ho lasciato a casa e non importa perché tanto sto viaggiando e non mi posso fermare a fotografare, ma le foto che sto scattando le registro dentro e chissà se un giorno riuscirò a stamparle, disegnarle, scriverle.

E penso alle cose che mi dici. E a Parigi. E a te.
Lo immaginavi?
È un viaggio in due, verso due, tu non puoi restarne fuori.

(..È follia. 42 ore e mi manchi..)

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