Cliente, capo, cliente, io, outsourcer, outsourcer. Capotavola di un coso ikeoso ovale. Ho freddo. Starnutisco.
Lunghi pezzi che non capisco, momenti in cui mi sento in imbarazzo *io* per come (non) fanno le cose gli altri. Pomeriggio infinito ma a tratti divertente.
8000 vetri (porta, porta, porta.. forse un’altra porta) più in là ogni tanto compare una striscia di sole.
Le mie farfalle canticchiano silenziose una canzone del signor G che ho cantato per mezza infanzia ed adolescenza:
..vorrei correrti incontro e dirti che ti amo, che ho bisogno di te..
…la frase lascia presupporre che ci sia qualcosa che impedisce al protagonista di fare quello che vorrebbe. Chissà cos’è… Cosa si interpone? Forse il problema è lui stesso?
Chissà come si intitola questa canzone?
Credo sia “domani ci vediamo”, ma devo verificare (= spulciare in cassetti polverosi di ricordi e cercare una vecchissima cassetta arancione con in copertina un signor G così giovane che la mia mamma lo trovava bellissimo)
Il titolo è: “Le strade di notte”, la sto ascoltando adesso.
Dice:
“voglio correre a casa voglio correre da te
e dirti che ti amo, che ho bisogno di te
speriamo che tu non dorma gi”