11 anni fra 20 giorni

Facendo pulizia sul mac, trovo dei reperti: 11 anni fa, quasi, mi dimettevo da WMI e abbozzavo una lettera (rimasta incompleta) ai soci:

Cari soci,
il 17 giugno di quest’anno ricorrerà il nono anniversario della fondazione di Wikimedia Italia. Per me sono stati nove lunghi e bellissimi anni in prima linea (in WMI e per un breve periodo in Wikimedia Foundation) in cui ho cercato di contribuire a realizzare la visione di un mondo migliore. Tutti gli anni in cui sono stata eletta nel consiglio direttivo ho avuto l’onore di essere stata scelta al suo interno per ricoprire il ruolo di presidente e spero di essere sempre stata all’altezza delle vostre aspettative.
Ho cercato di costruire una immagine pubblica solida per la nostra associazione che andasse oltre quella del gruppo di ragazzini nerd che in troppi associano a Wikipedia, portare progetti nuovi e impegnativi per continuare a crescere, e soprattutto spero di essere riuscita ad ascoltare tutti a sufficienza per capire cosa avessimo in mente per poi provare a realizzarlo.
Da qualche anno aspetto che qualcuno abbia voglia di prendere il mio posto per dare un nuovo respiro e nuove idee a questa associazione, pur sapendo di essere una figura ingombrante e non è un segreto!
Non sono sempre stata d’accordo con il mio consiglio direttivo e l’ho sempre trovata una cosa bellissima: l’indipendenza dei diversi membri e la capacità di confrontarci ha sempre caratterizzato il nostro lavoro ed ha portato valore a WMI.
Sfortunatamente l’ultimo confronto ci ha trovato con delle visioni lontane tra loro e una valutazione sull’impatto nei confronti dell’associazione molto diverso. Mi riferisco alla candidatura di Esino Lario come sede di Wikimania, come deciso nell’assemblea dello scorso ottobre a Bologna.
È un progetto nel quale ho fortemente creduto, discutendo a lungo con il direttivo per convincerli a portarlo in assemblea e che ancora in assemblea ho discusso e appoggiato per convincere gli astanti: l’idea di cambiare il format di Wikimania, tornare alle origini, sfruttare l’Expo per creare delle sinergie, avere un impatto positivo su una comunità che ci ospita.. sono tutti aspetti dei quali sono ancora profondamente innamorata, soprattutto perché non si tratta di una idea mia!
Da novembre ad oggi, però, abbiamo assunto Giulia Sepe per lavorare sul progetto e delinearne i costi, i modi, ecc., un vero e proprio studio di fattibilità insomma. Quando ho analizzato i risultati dello studio mi sono preoccupata e ho portato il problema all’attenzione del direttivo: il posto che abbiamo scelto non ha perso il fascino iniziale, ma le difficoltà sono tali e tante e i costi così completamente spropositati (oltre 700.000!) da farmi dire

Non si poteva fare pipì perché non c’era vasino lì

Sono venuta qui a cercare un post di tanto tempo fa perché mi serve e sono finita a rileggere le ultime cose scritte, un grande classico!
Parlavo della ricerca di una “casa veramente nostra” e in effetti da qualche mese ormai c’è. Cioè c’è da un po’ di più, ma è rimasta a lungo un cantiere che ha saputo succhiarmi qualunque momento libero, energia disponibile e ad un certo punto quasi anche l’anima, ma alla fine ce l’abbiamo fatta.
Io non lo so se ho mai fatto una cosa così difficile in vita mia e non so nemmeno quale parte: fare un mutuo (aiuto!), comprare una casa (oh mamma!), ritrovarmi a essere il direttore dei lavori (grrr!). Per tacere del doppio trasloco incrociato.
Però non importa (o almeno non importa quasi più), perché ora c’è la “casa veramente nostra” sognata e cercata. E adesso che è (quasi) finita, comincia il momento di iniziare a costruirla. Che non è solo una questione di scatole svuotate e di mobili da collocare, ma ci sono spazi da inventare e soprattutto angoli da riempiere di ricordi, aneddoti, risa e baci.
Forse è ora che io e questa casa la smettiamo di studiarci e ci lasciamo andare.

Di questo cavolo di pianura

Ho tante mezze cose da dire e nessuna mi soddisferà, ma amen. Ho rinunciato a fare Jo e al mio romanzo così tanto tempo fa che nemmeno me lo ricordo, posso sopravvivere ad un post pieno di mezze cose.

Sono così stanca che oggi mi sono addormentata in treno mentre raccontavo una storia a CeeCee e dormendo sono andata avanti a parlare e raccontare, finché un sobbalzo non mi ha svegliata e ho dovuto interrompermi a metà della frase perché improvvisamente mi sono accorta che non sapevo assolutamente cosa stessi dicendo e come andare avanti. Poco male, perché si stava per addormentare anche lei e non ha protestato per la brusca interruzione!
Siamo venute a Perugia a raggiungere TNT, che è qui per lavoro. Io ho vagheggiato di questa nostra discesa, poi l’ho cancellata perché troppo lavoro, troppo lontano, ecc. poi riesumata e riuccisa un paio di volte finché.. eccoci.
C’è l’IJF16 e le facce note non mancano, ma io e CeeCee siamo fermamente intenzionate a occuparci del “fuori festival” e andare in giro il più possibile (tempo permettendo). Io sono così calata in questo mood che ai conoscenti che incontro e mi chiedono “cosa fai?” intendendo la vita o il festival o entrambi o forse nessuno (non è mai esattamente chiaro) a seconda del momento rispondo “la mamma” o “la moglie”, che mica è mentire!

(..di questa terra senza misura..)

Di stazione in stazione e di porta in porta

Faccio fatica a riassumere il 2015 in una parola: quando mi ha portato in alto è stato in altissimo, quando mi ha portata in basso è stato in bassissimo. Ma forse non è stato il 2015, sono stata io ;-)

È stato un anno di abbracci, baci, risa, conversazioni sceme al buio, tanto solletico, un sacco di verbi buffi (vieno, puliscio, riescio..) e chiacchiere fino a stordirci, coccole, domande, negoziazioni, progetti, più “impegnativo” del 2014 e meno del 2016!, tanto amore, parecchi viaggi.

Ho pianto tanto quest’anno e un po’ ci voleva: quel rubinetto si era incastrato negli anni e avevo bisogno di risistemarlo. Mi ha fatto male sbattere contro le cose che so, ma saperle e vederle nero su bianco è diverso; ho un problema serissimo con l’erba voglio, che pensavo di aver risolto ma temo non troppo. E poi ci sono stati la frustrazione e l’ego, un’accoppiata vincente se vuoi schiantarti.

Ma ho CeeCee e TNT, che mi riempiono la vita e la rendono bellissima, qualunque cosa accada.

L’anno prossimo sarà ricco di sfide e impegni e voglio sentirlo scorrere forte nelle vene. Issiamo la vela che è quasi ora.
Ci aspetta un 2016 strepitoso, siete pronti?

(..e qualche volta sogno, perché voglio sognare..)

Camminerai e cadrai, ti alzerai

CeeCee cresce e per ogni passo avanti c’è qualche pezzettino di passaggio che lascia indietro. E noi che ci eravamo affezionati ai suoi modi di dire ogni tanto ci accorgiamo che qualcosa che ci piaceva tanto non c’è più.

  • dicio (che al plurale fa dita) è diventato ormai un normalissimo dito
  • duie ora è due, ma continua a rappresentare tante cose (se le mostro un gregge e le chiedo quanti sono, mi risponde “due!”)
  • grosso, che ha sempre detto bene, era accompagnato da un eloquente gesto (tutte e due le braccia alzate sopra la testa)
  • TNT è stato per tutta l’estate Etto, primo vero tentativo di dire il suo nome, ma dalla fine delle vacanze CeeCee ha imparato a bofonchiarne il nome un po’ meglio, ma con meno fascino

(..sarà difficile lasciarti al mondo e tenere un pezzetto per me..)

Che lo sai di chi sto parlando dai

Ogni tanto lui si chiude di là per abbracciarla in pace.
Magari si porta dietro l’iPad e insieme studiano, stanno un po’ e poi lui torna, più o meno soddisfatto, ma sicuramente rilassato; spesso fischietta.
Talvolta con una scusa li sbircio dalla finestra che dà sul balcone: mi piace vederlo assorto e il loro abbraccio è speciale.
Poi, come oggi, capita che ci sia anch’io. “Perché” mi dice lui “ti svelo un segreto: sei più stonata quando fischietti che quando canti” e io rido e poi canto senza pudore (continuerò anche a fischiettare, ma a lui non l’ho detto, lo scoprirà leggendomi o sentendomi farlo sopra pensiero).

(..mi piace quanto TNT abbraccia la sua chitarra, so che sta bene quando lo fa..)

Perché gli occhi pungenti ti brillino

Mi sto perdendo.
AWS passa la vita a schivare gli ostacoli, io invece non sono più capace di vederli.
Ho bisogno di arrampicarmi, della botta di adrenalina quando sono in cima e poi mi butto giù correndo incontro al prossimo, in cerca della mia droga.
E invece sto seduta, mi guardo intorno e non vedo ostacoli. Non sono più capace di vederli?

(..se vivi vivo anch’io..)

Del mare abbiamo le profondità

Di questo weekend in cui abbiamo iniziato a vivere la primavera mi porto dietro il tutto che abbiamo fatto e il niente della leggerezza della testa.
Il centro di Piacenza e quel bar dove, chissà perché, non pensavo saremmo più tornati dopo il trasloco e invece è sempre bello quando i negozi chiudono stare lì seduti e ascoltare il mondo fermarsi, accarezzati da un po’ di aria, sorseggiando un buon bicchiere di vino e giocando con CeeCee che sgattoiola tra sedie e clienti.
E le prime fragole, spalmate sul viso di una bimba golosissima (e sul colletto della camicia e su pezzi della giacca.. ma se son buone, che importa?) che affronta la sua prima primavera da 21 mesenne consapevole, che prende l’aria in faccia e sorride al vento, tenendo me in una mano e la sua borsetta e l’enorme mazzo di chiavi da neonata nell’altra. Offrirle l’idea di patatine da scrocchiare per indurla camminare ancora un po’ e sentirsi rispondere da TNT, serissimo e concentrato sull’argomento, e ridere sorpresi.
Poi visite, soprammobili volanti che non hanno volato, cacciaviti e telecomandi, risa e baci. E prima di essere stanchi passeggiare per paesi alla ricerca di una casa davvero nostra.
Per poi ricominciare il giorno dopo volando fuori dal letto (con tempi e modi consoni di un cambio dell’ora!) per sanare le ingiustizie, quelle che non so ma che scopro quando entriamo in un negozio sportivo: TNT e CeeCee hanno le stesse scarpe da tennis (della stessa marca, via!) e da oggi anche io, che canto come un jukebox pieno di monetine, canzoni che escono da chissà dove dalla memoria e le racconto mentre camminiamo mano nella mano in un sole che oggi è più timido, forse perché non c’è CeeCee?, ma che ancora ci accompagna.
C’è tempo e c’è spazio in questa giornata che voleva essere pigra ma che trotta insieme a noi anche per stare sdraiati a letto, finalmente con la finestra aperta, per dormire, sognare, perdersi, sentirsi, distrarsi alla velocità warp, parlare e poi scattare sulla prossima cosa che dobbiamo fare.
E una cena per rilassarci e chiudere in leggerezza, (s)parlando di cose serissime, dai progetti alla politica, passando per le cose di famiglia e le aziende agricole, insieme a chi ingombrante non è.
Alla fine salutiamo tutti girando di notte con un tavolo in mano perché non possiamo dormire se non sappiamo com’è, che di notte si progetta meglio e domani bisogna ricominciare a correre.
Perché è questo alla fine che siamo riusciti a fare: camminare lentamente, a passo di bimba, intrecciando parole, mani, pensieri, canzoni, gambe, idee, progetti.

(..quando arriva il prossimo?)

Col sole in fronte

io ballo tutta la sera come se avessi vent’anni, fossi in Spagna con la Sali e volessi limonare tutti gli astanti.
io da qualche tempo quando ordino il kebab o il panino con la salamella, dico che dentro ci voglio tutto: l’unto che cola dai peperoni cruschi, l’amaro della cipolla, l’acido dello jogurt, il pizzicorio impertinente del peperoncino.
[..]
ed è vero, voglio tutto. prendere o lasciare.
la vita part time, quella, tenetevela voi.

Me lo salvo qui, ultimo omaggio ad un blog che sparisce (o forse cambia casa? non so, non ho chiesto), ad A che vive full time, a me che non voglio dimenticare mai niente.
E tutte le cose che mi vengono in mente: la canzone, quelli che limonano sui divanetti, la palla di vetro e la carta per origami, tanto per dire le prime.
E anche quelle che non c’entrano, come una bruschetta all’aglio: la mangi anche tu, vero?

(..sì..)